Pochi giorni fa ci lasciava l’avvocato Buontempo, il grande padre del Premio Vasto. Con parsimonia aveva gestito anche l’inaugurazione dell’attuale esposizione in corso e senza dubbio la sua eredità continuerà a riecheggiare tra le mura delle Scuderie di Palazzo Aragona.
Nato nel 1959, il Premio Vasto è tra le rassegne più longeve della storia italiana dopo la Biennale di Venezia. L’obiettivo consisteva nell’interpretare i cambiamenti repentini in un mondo, quello dell’arte contemporanea, di difficile comprensione e interpretazione. In questo modo si collegava l’eredità dei fratelli Palizzi alle nuove frontiere della pittura con un occhio di riguardo verso gli artisti del territorio.
Tante sono state le iniziative che hanno cercato di coinvolgere il più possibile categorie all’interno e all’esterno del mondo artistico. Con la Biennale D’Arte e di Critica D’Arte si cercò di premiare il saggio più innovativo e di dare spazio all’autore nella realizzazione dell’esposizione; con le edizioni a cura di Lorenzo Canova e Alessandro Riva ci si è concentrati maggiormente sulle nuove generazioni di artisti italiani e da un decennio si tenta di includere i giovanissimi nella fruizione del prodotto artistico.
La realizzazione del Premio Vasto 2018 non è stata banale – nonostante sia stata data come sempre per scontata – dovendo tenere conto dell’altra grande mostra che ha acquisito un certo protagonismo nel calendario estivo vastese: quella del bicentenario di Filippo Palizzi. Confermare nuovamente il Premio Vasto è stato da un lato una scelta di continuità, dall’altro il completamento della linea concettuale tra il paesaggio palizziano e quello interpretato dall’arte contemporanea.
I quadri accolti dalle Scuderie di Palazzo Aragona meritano la visibilità che sfortunatamente non possono ottenere a causa della lieve distanza dal centro storico. Nonostante ciò, l’ambiente intimo e la discreta disponibilità di spazio favoriscono una fruizione tanto veloce quanto intima. Quest’anno molte delle opere giungono dallo Studio Uno Ripartiamo da Zero di Avezzano, da alcune collezioni private, da Teramo e da Roma. Gli stili sono diversi ma l’importante è la visione che l’artista ha del suo paesaggio e come questa viene trasposta sulla tela.
Appena entrati nella galleria balza sicuramente all’occhio il trittico di Mikel Gjokaj Vento fuoco vapori che conquista la scena con il suo rosso a metà tra le fiamme dell’inferno e la dolcezza del tramonto. Dietro di lui la deserta strada di montagna in Al suo fisso destin può contraddire di Carmine Di Pietro e ancora, procedendo a zig zag, il dittico Paesaggio di Gino Di Paolo. Proseguendo si trovano opere di autori internazionali come il guatemalteco Freddy Lopez Hernandez e il cinese Fu Wenjun.
La visione offerta dal Premio Vasto cerca di rendere giustizia all’artista e alla trasposizione della sua immagine mentale e l’edizione del 2018 lo fa rendendo conto dei diversi stili e delle diverse culture di provenienza. Fino al 7 ottobre la mostra è ancora visitabile, gratuitamente, nella speranza che possa continuare a godere della sua continuità in una luce più visibile.