Nell’eterno vortice di una politica straripante dichiarazioni a getto continuo per inseguire le reazioni dei social, si avvicina – si fa per dire – la campagna elettorale in vista delle regionali abruzzesi. Dire che si avvicina il momento di recarsi alle urne è, in realtà, inappropriato. A dire la verità, il voto si allontana. La data delle consultazioni viene spostata al prossimo anno. Al 10 febbraio, a quasi un anno di distanza dalle elezioni politiche che hanno sancito l’ingresso di Luciano D’Alfonso in Senato.
Stiracchiando i tempi previsti dalla normativa, il neo senatore si è dimesso dalla carica di presidente della Regione solo a settembre, sfruttando fino all’ultimo la procedura burocratica. Lo ha fatto solo dopo che la Giunta per le elezioni di Palazzo Madama, accertando l’incompatibilità tra le due funzioni, gli ha chiesto di optare per l’una o per l’altra nel giro di tre giorni. Da quel momento, è partito il conto alla rovescia verso il ritorno alle urne. Conto alla rovescia che riparte di nuovo dopo il decreto con cui il vicepresidente vicario della Regione, Giovanni Lolli, sposta la linea del traguardo non più a “novembre o dicembre”, come lo stesso D’Alfonso aveva dichiarato, ma a febbraio, nel giorno 10 di un mese che, negli ultimi anni, ha coinciso con le peggiori condizioni atmosferiche dell’intero anno. Se dovessero ripetersi le nevicate che hanno messo in ginocchio l’Abruzzo, lasciando persino al buio interi comuni, sarebbe impossibile garantire l’effettivo diritto di voto per tutti gli elettori. Considerazioni su cui viene da pensare siano prevalse logiche diverse. Una in particolare, la più semplice: differire il più possibile la scadenza elettorale, sperando in un passo falso del Governo nazionale gialloverde, alle prese con una difficile quadratura del cerchio delle promesse elettorali e dei vincoli di bilancio.
Del resto, lo stesso centrodestra, che in questi giorni protesta e annuncia un ricorso alla giustizia amministrativa, nel 2013 allungò la legislatura arrivando a fissare a marzo 2014 le elezioni, che poi furono accorpate alla tornata elettorale di primavera, quella del 25 maggio, che sancì comunque la sconfitta del governo regionale uscente e l’affermazione della coalizione dalfonsiana. Oggi, visti i sondaggi nazionali che fotografano numeri impietosi per il Pd e le forze politiche della sinistra, ritardare le elezioni potrebbe avere, per l’attuale maggioranza di Palazzo dell’Emiciclo, lo stesso effetto che ebbe per il centrodestra nel 2014: indifferente. Molto dipenderà da come evolverà nei prossimi mesi la politica nazionale. Se dovesse continuare la già lunga luna di miele tra il Governo Conte e l’elettorato, a giocarsi la partita abruzzese sarebbe tra il Movimento 5 Stelle e un centrodestra a trazione leghista.
Di fatto, mentre inizia la battaglia per le candidature, siamo già in campagna elettorale. O meglio: non ne siamo mai usciti.
Tra un post e un tweet, tra una foto e una storia pubblicate su Instagram, il clima è quello della propaganda elettorale H24, senza soluzione di continuità. E, una volta terminato lo spoglio per Palazzo dell’Emiciclo, ne inizierà un’altra: quella che condurrà alle elezioni amministrative degli anni successivi. Con la solita sfilza di promesse.