Abbiamo già parlato ripetutamente del grande talento di Filippo Palizzi LEGGI ma la sua famiglia riecheggia nella storia dell’arte per aver dato al mondo più di un’artista di livello. E se il lavoro del più famoso Filippo trova in Napoli la sua base artistica, quello del fratello maggiore Giuseppe esalta la Francia come ambiente di maturazione e consacrazione.
Giuseppe Palizzi, nato a Lanciano il 19 marzo 1812, si trasferì poco dopo a Vasto quando il padre trovò lavoro come impiegato nella Sottintendenza. Come i fratelli, l’educazione all’arte pareva non avesse fatto altro che alimentare la sensibilità artistica che l’intera famiglia aveva già insita. Ciò lo portò a “ribellarsi” al padre, rifiutando la via dell’avvocatura per trasferirsi, a 24 anni, in quella Napoli centro nevralgico degli studi pittorici del Regno Borbonico.
Da quel momento, il processo di maturazione di Giuseppe si articolò similmente al fratello Filippo approcciandosi alla Scuola di Posillipo e alle tecniche di Anton Sminck Van Pitloo prima e di Gabriele Smargiassi poi. L’astio che si trovò a sperimentare contro Smargiassi, vastese come lui, e l’ambiente accademico in generale, lo spinse verso la Francia. Dal fulcro dell’arte italiana a quello dell’arte moderna quindi, ed è lì che ebbe modo di mettersi in mostra nei salon di Parigi e di affinare la sua tecnica dando origine a un primo distaccamento dalla tecnica standard utilizzata per la trasposizione del paesaggio.
Per questo motivo, entrò in contatto diretto con Courbet, con i Realisti e con i pittori di Barbizon tramite i quali approfondì la resa naturalistica della luce, studiando l’alternanza con l’ombra, senza dimenticare le grandi quinte arboree che conferiscono alla scena la sua monumentalità. Si ritrovò ad essere un punto di riferimento per tutti gli artisti che varcavano le soglie dell’Italia per approdare a Parigi sfruttando i suoi contatti con artisti e intellettuali. In Francia riuscì ad ottenere notevole successo grazie anche agli acquisti e alle commissioni dei naturalisti fino alla Legion D’Onore nel 1859.
Quel premio fu solo l’inizio di una lunga fila di riconoscimenti: nel 1860 fu nominato corrispondente della società reale borbonica di Napoli, dopo l’Unità la Casa Savoia lo nominò prima cavaliere e poi ufficiale dei SS. Maurizio e Lazzaro, nel 1878 invece gli venne conferito un diploma da commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia.
Molte delle sue opere sono esposte, così come quelle del fratello, allo GNAM di Roma, ma alcune possono essere apprezzate nei Musei Civici di Palazzo d’Avalos. Nel testo trovate il dipinto che raffigura il Bosco di Fointanebleau, uno dei suoi soggetti preferiti anche per la prossimità del luogo da casa sua. È un’opera in cui si può facilmente notare il suo approccio stilistico: il lavoro sulla luce, le piante e i grandi alberi, il soggetto naturalistico e i richiami al verismo francese.