Il glorioso XIX secolo annovera al suo interno una serie di artisti fondamentali per la cultura vastese. Basti pensare, per citarne alcuni, alla famiglia Rossetti – tra Gabriele e i figli londinesi – alla poesia di Romualdo Pàntini, alla pittura di Gabriele Smargiassi e, infine, ai colleghi di quest’ultimo: i fratelli Palizzi. Il più famoso tra i quattro, Filippo, ritorna nella sua terra natia a 200 anni della nascita grazie a una mostra che prende il titolo dalla sua opera più celebre Dopo il diluvio, una sorta di summa dei suoi soggetti preferiti e del suo spirito artistico. Ma, come scoprirete continuando a leggere, Filippo Palizzi trascendeva i limiti della pittura per imporsi come artista e pensatore a tutto tondo, in un perfetto equilibrio tra la tradizione umile della sua Italia e lo sviluppo industriale che trapelava dall’unità del Regno.
Qualche giorno fa ci siamo recati a Palazzo D’Avalos, rinnovato per l’occasione, e abbiamo incontrato l’Assessore alla Cultura Peppino Forte per studiare approfonditamente i contenuti della mostra e offrire ai lettori un articolo che potesse riassumere il personaggio nella sua totalità.
Il bicentenario di Palizzi è il pretesto da cui è partita l’idea, resa di difficile realizzazione proprio a causa della celebrità dell’artista. Le sue opere sono sparse infatti tra lo GNAM (Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea) di Roma, il Museo Capodimonte, il Museo San Martino, l’Accademia di Belle Arti di Napoli e raggiungono, nelle loro diverse sfaccettature, altre città tra cui Firenze e Palermo.
Senza dubbio, le condizioni in cui versava l’ala di Palazzo D’Avalos che adesso accoglie l’esposizione, non contribuivano ad accelerare i tempi, già ristretti di per sé, come spiega l’assessore Forte: “C’erano stati dei contatti tra il consigliere delegato Elio Baccalà e la dott.ssa Arbace. Il lavoro di raccolta è durato relativamente poco se si pensa che sono diventato Assessore alla Cultura a fine febbraio. Ai primi di marzo contattai subito la dottoressa per avere un incontro e la raggiunsi a Pescara. L’Arbace disse che non avevamo gli ambienti adatti, l’impianto d’areazione e soprattutto tempo perché la scadenza per la mostra era fissata per i primi di giugno. Alla fine, riuscimmo a convincerla. Abbiamo dovuto procedere ad areare tutti i locali con una certa temperatura, all’oscuramento dei vetri e all’illuminazione oltre all’installazione delle telecamere di videosorveglianza. La curatrice ha preparato questa mostra gratis, solo con il rimborso spese.”
Quasi 200 opere, di cui 160 giunte scortate da fuori Vasto, sono protette da un’assicurazione proporzionale al loro altissimo valore. Le installazioni scenografiche e i pannelli sono ad opera di Moby Dick di Ortona mentre l’Arbace, con il regista Leo Di Biase, si è occupata anche della realizzazione del docu-film della sala 2 in cui Palizzi, interpretato dall’attore Milo Vallone, spiega la genesi di Dopo il diluvio.
“Dopo il diluvio”, viaggio allo scoperta dell’artista
12 sale ripercorrono la parabola del Palizzi in un viaggio cronologico e tematico. Alla fine del percorso si ha come la sensazione di conoscerlo meglio, la percezione di aver colto la sensibilità con il solo ausilio dello strumento artistico, segnale della grande capacità d’immedesimazione nelle sue opere. Raramente si è vista una mostra così completa su un solo individuo, su cui sicuramente influisce il senso di appartenenza e il dovere di rendere omaggio a un vastese che si è contraddistinto. In generale, la qualità dell’immersione nei suoi dipinti ricalca l’immensa conoscenza che la curatrice della mostra, Lucia Arbace, ha di Filippo Palizzi.
Ecco perché va chiarito che non si tratta solo di un’esposizione pittorica, bensì di un’iniziativa di comprensione che coglie l’animo dell’artista attraverso la sua evoluzione offrendo spazio a ognuna delle sue forme d’espressione. Non a caso la mostra fa riferimento a “la natura e le arti”.
Salendo le scale della pinacoteca e andando sulla sinistra si è subito immersi nella fase giovanile. Lo studio dal vero mostra al pubblico immediatamente uno dei soggetti preferiti dal Palizzi: l’animale, quasi mai nel suo atteggiamento istintivo ma sempre umanizzato, come si nota per esempio in Testa di vitello che mangia e gallina fra l’erba, grande al naturale in contrapposizione con lo sguardo austero di Una bambina,grande al naturale, fra le piante.
L’animale eletto è però il cane che con i cavalli risulta essere il più rappresentato. Cane, un dipinto del 1845 in prestito dal Museo San Martino di Napoli, rievoca lo sguardo assorto dell’animale nel contesto naturale che fa da scenario fisso per quasi tutti i dipinti.
È proprio sulla trasposizione sulla tela della natura che si intensifica l’inimicizia con l’altro vastese d’eccezione Gabriele Smargiassi. Un odio innanzitutto familiare, tra borghesia e proletariato, l’eterna lotta di classe, ma va sottolineato anche l’approccio e la concezione differente dell’arte: Smargiassi con il suo studio dal vero tradizionale ispirato al grande paesaggista fiammingo Anton Sminck Pitloo della Scuola di Posillipo e Palizzi già invece proiettato verso una visione fotografica della natura. Nella sala 1 questo rapporto si rinviene nel disegno ad opera di Palizzi ma firmato da Smargiassi, di cui il primo prenderà il posto come insegnante del Real Accademia di Belle Arti a Napoli.
La capitale borbonica è la grande base di Palizzi che tuttavia non dimentica le tradizioni dell’Italia rurale e non solo del Bel Paese. Dal viaggio in Basilicata nascono dipinti come Maggio!, da quello in Macedonia Il muletto, una delle opere di proprietà vastese. Tra i punti più alti si rinviene quel filone di quadri raffiguranti le donne, nella loro normale routine, senza accenni di malizia che lascino trapelare un richiamo sessuale. Di meraviglioso fascino sono la Fanciulla pensierosa del 1864 e La contadinella sdraiata sopra una roccia dello stesso anno.
In Grano Maturo, sebbene il volto della donna non sia definito, la figura femminile mette in risalto l’impostazione fotografica del grande pittore. “Questo è il quadro che adoro di più, per l’abilità fotografica con cui è riuscito a porre la donna dietro le spighe di grano” ci ha detto l’assessore Forte mentre l’osservava non a caso definendo Palizzi come “un fotografo prima che pittore. Memorizzava le immagini in maniera indicibile per noi senza gli ausili che hanno i pittori di oggi.”
Si resta ancora più piacevolmente colpiti quando si scopre che il capolavoro del Palizzi, Dopo il diluvio, è frutto dello studio degli animali condotto nello zoo di Parigi. Parlavamo prima di quel dipinto come una sorta di summa dell’arte palizziana; in effetti, racchiude tutto: il contesto naturale, gli animali, la luce rappresentata dall’arcobaleno. Nel marasma del diluvio universale, come ha notato la stessa Arbace, animali incompatibili tra di loro, prede e predatori, condividono lo sforzo verso la salvezza, superando le loro divergenze.
Dopo il diluvio è l’unico dipinto che manca all’appello e si attende il suo arrivo per il 10 settembre, essendo ancora impegnato in un’altra esposizione. Nella sala ad esso dedicata si possono comunque apprezzare gli studi precedenti al lavoro finale e per i più piccoli c’è anche la possibilità di utilizzare un touch screen per individuare gli animali della tela.
Palizzi fotografo, Palizzi pittore: più ci si addentra nelle sale e più si scopre la vastità e la duttilità che racchiude la sensibilità del vastese. Ecco che a un passo dalla fine subentra il Palizzi manifatturiere, artigiano e addirittura designer di interni. La lavorazione della ceramica ha raggiunto decorazioni di alto livello come nel Grande piatto con Leone e scene di caccia grossa mentre nella sala adiacente compaiono i satrapi bronzei e il Pavimento con i petali di rosa richiestogli da Donna Franca Florio per la Villa all’Olivuzza a Palermo.
L’approdo finale, in cui termina il grande corridoio che divide in due il percorso, ci riporta nella camera da letto di Palizzi con una grande fotografia del 1890-91 che lo raffigura accanto alla sua governante Anna Manganaro e all’amico Giovanni Tesorone. I mobili sono autentici così come i quadri sono disposti seguendo l’ordine dettato dalla foto. Al centro il grande e celebre Autoritratto simbolo dell’iniziativa. Altrettanto celebre è la placca donata alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma che si conclude con la significativa frase “vorrei rinascere per ricominciare”. Una romanticizzazione della vita contrapposta a quella più presente sul suicidio che segnala la passione con cui Palizzi ha svolto la sua carriera.
Altri elementi ci aiutano a percepire l’essenza di una figura così variegata e complessa. Nella sala 1 “la parte storica: le lettere, il permesso di caccia, il passaporto: buona parte deriva del carteggio Palizzi che abbiamo presentato a Napoli” sottolinea Forte. Ma c’è anche una sala interamente dedicata alla rappresentazione dei soldati garibaldini e all’impegno civile dell’artista. È posta esattamente di fronte alla stanza delle ceramiche, maioliche e tutto ciò che Palizzi avrebbe voluto portare verso la produzione industriale per la crescita della nuova Italia.
Si potrebbe pensare che sia finita qui ma bisogna fare attenzione a non perdersi l’altra parte, l’altra ala, quella che abita il Palazzo da più tempo.
I fratelli Palizzi e l’Ecce Agnus Dei
“Siamo stati alla Galleria di Arte Moderna a Roma, dove ci hanno accolto con tutti gli onori – ci ha detto l’assessore Forte. – Lì i quadri dei Palizzi sono affiancati ai più grandi. C’è un quadro di Giuseppe al Bosco delle Fontane Blu, dove si rintanò con degli amici e delle donne. Sembra davvero di starci in mezzo. I fratelli Palizzi erano naturisti e artisti a tutto tondo.”
Flippo Palizzi faceva parte di una rispettabile famiglia che si è inserita egregiamente nel mondo dell’arte trattando tematiche e soggetti simili. La sala conferenze di Palazzo D’Avalos è letteralmente circondata dai quadri di Nicola, Giuseppe e Francesco Paolo, lasciati in eredità al patrimonio culturale vastese ma che con il tempo rischiano di essere deteriorati dal calore umano. In questo torna utile l’altra ala, quella ristrutturata, oggi dotata dell’aerazione e di ambienti a norma che “resteranno in eredità al Comune di Vasto”.
Osservare i dipinti degli altri fratelli Palizzi vuol dire in qualche modo completare il viaggio offerto dalla mostra del più celebre Filippo. La quercia di Giuseppe, il più grande dei quattro, segna una continuità con il tema naturalistico e con la memoria fotografica che contraddistingue suo fratello. Nella stanza a destra – appena entrati, o se si preferisce sulla sinistra del tavolo usato per le conferenze – un altro dipinto di famiglia vede cancellata la figura della sorella, rea di essere scappata di casa disonorando i suoi fratelli.
Proseguendo il cammino, ci si perde tra la bellezza degli affreschi, dei soffitti e della vista del golfo di Vasto dalle grandi persiane. Prima di approdare alla Stanza della Cornice, si aggiunge l’ultimo tassello all’esposizione su Filippo Palizzi: l’Ecce Agnus Day da cui si evince “il rapporto affettuoso di Palizzi con Vasto.” Il grande dipinto era stato promesso a Don Romeo Rucci e aveva arricchito la Chiesa di San Pietro prima che venisse distrutta dalla frana. La dedica, in basso a sinistra, è tra le più commoventi:
“Oggi 16 giugno 1898 compio anni ottanta e sto alacremente lavorando in questo quadro “Ecce Agnus Dei”, promesso in dono alla Chiesa di S.Pietro nel mio paese natio Vasto. Questa opera io eseguo con gran trasporto e spero portarla a termine facilmente. Mi auguro che i miei concittadini l’accetteranno di buon grado e vorranno conservarla in memoria dell’affetto grande del loro vecchio cittadino”.
Il volume
Come ogni mostra che si rispetti, sono stati elaborati per l’occasione gadget tra cui cartoline, segnalibri e un piccolo opuscolo illustrativo utile per una maggiore comprensione delle sale. Essendo impossibile però poter rendere giustizia a un corpus di opere e a una figura tanto variegata come il Palizzi con un solo semplice articolo, vi rimandiamo al grande volume curato dall’Arbace, pubblicato da Rocco Carabba Editore e arricchito dalle grafiche di Moby Dick, che si erge definitivamente ad opera omnia dell’intero percorso palizziano.
Oltre 300 pagine con il contributo di almeno 15 persone, il prezzo di 50 euro rispecchia il valore del volume che pone un ordine definitivo alla vita, alle opere e a tutti i carteggi del pittore, pensatore e artista vastese. La bellezza delle grafiche rende giustizia al corpus di dipinti preparando o completando la loro fruizione.
Risultati raggiunti e obiettivi futuri
Sui visitatori, Forte sostiene: “Ad occhio direi che siamo sui 3000 ingressi, tra i 2000 paganti e quelli dell’inaugurazione. Con la riapertura delle scuole faremo una politica di incentivazione per portare i ragazzi e stiamo cercando di prorogare la mostra fino a fine ottobre ma dobbiamo ottenere l’autorizzazione dalle gallerie che ci hanno prestato i quadri e soprattutto la copertura assicurativa che arriva fino al 30 settembre.” Da quanto affermato dall’Assessore si denota l’impegno nella sensibilizzazione artistica di una città spesso non cosciente del proprio patrimonio culturale e artistico.
E non finisce qui perché “stiamo lavorando su una mostra su Dante Gabriel Rossetti”, di fatto “queste sale così recuperate ci danno la possibilità di organizzare di tutto e di più. Si sta pensando anche alla possibilità di una ristrutturazione di Palazzo D’Avalos, togliendo i quadri dei Palizzi dell’altra ala per occupare alcune stanze stabilmente e sono convinto che il Premio Vasto, che ha raggiunto la 51esima edizione (secondo per durata solo alla Biennale di Venezia), vada riportato qui, perché la gente lo visiterebbe di più. Oggi le sale le abbiamo, dobbiamo utilizzarle al meglio per fare in modo che Palazzo D’Avalos diventi uno scrigno ricco di contenuti. Quanti vastesi ci sono mai entrati? Pochissimi. I cittadini devono conoscere il bene che hanno.”
Il bicentenario di Palizzi ha dunque fornito l’occasione di celebrare uno dei più grandi esponenti dell’arte vastese aprendo un nuovo ciclo per Palazzo D’Avalos e per la conservazione e promozione della cultura del territorio. Ora, questa meraviglia d’Abruzzo è in grado di ospitare grandi mostre e di riportare a casa i suoi artisti o, come nel caso di Dante Gabriel, coloro che hanno qui le proprie radici ma non hanno mai potuto assaporarle.
La mostra di Filippo Palizzi è visitabile ancora fino al 30 settembre, in attesa di eventuale proroga. Si possono consultare orari e prezzi qui.