Quella raffica, il tango, quella diavoleria,
gli anni affannati sfida;
fatto di polvere e tempo, l’uomo dura
meno della leggera melodia,
che solo è tempo. Il tango crea un buio
passato irreale che in qualche modo è certo,
un ricordo che non può esser distrutto
lottando, in un cantone del suburbio.
Le parole di Jorge Luis Borges, il più grande poeta argentino di sempre, ci aiutano a definire la parabola di un genere, una musica, un ballo, un’arte: quella del tango. Dagli inizi, con le influenze del candombe, della milonga, del tango andaluz e dell’habanera, questa musica in tempo prevalentemente binario, con i suoi movimenti sensuali, uscì a trent’anni dalla nascita dal suo piccolo ghetto per entrare nei saloni di tutta Europa.
A costruire la sua fama contribuirono molti argentini di origine italiana come Juan D’Arienzo, Carlos Di Sarli e Osvaldo Pugliese. Proprio quegli italiani che compaiono nella letteratura d’inizio XX secolo come reietti della società ma che riuscirono a distinguersi favorendo il suo sviluppo. Nel tango (e non solo) il più grande e citato di sempre resta e continuerà ad essere Astor Piazzola, il cui nome è legato anche alle nostre Mina e Milva tra gli altri.
Non poteva dunque che essere dedicata a lui la serata di ieri al Cortile di Palazzo d’Avalos che per quest’anno non chiuderà la rassegna di Musiche in Cortile organizzata da Muzak Eventi – essendo stato posticipato il concerto della Mannoia – ma che ha comunque riportato il tango nuovamente al centro della scena. Una consuetudine rimarcata dal ritorno del pianista lancianese Marco Colacioppo e del suo Quinteto del Angel composto da Nicola Di Camillo al contrabbasso, Paolo Angelucci al violino, Cesare Chiaccaretta al bandoneon e Mauro De Federicis alla chitarra.
Un crescendo di emozioni in un silenzio molto attento intervallato dagli applausi convinti di un pubblico assorto ha fatto da cornice alle grandi esibizioni delle due coppie che si sono alternate sulle pietre miliari di Piazzolla come le famose Oblivion e Libertango. Samuel Fragiacomo e Sara Paoli, Roberta Beccarini e Pablo Moyano hanno pienamente trasmesso la sintonia che traspariva dai loro movimenti, dai loro sguardi e dal loro contatto fisico. Prima della conclusione spazio anche a El dìa que me quieras, riarrangiata da Chiaccaretta e interpretata alla voce dal ballerino Fragiacomo che ha reso giustizia alla versione originale di Carlos Gardel, più volte collaboratore dello stesso Piazzolla.
Dunque, un viaggio nel grande tango che si rinnova di anno in anno e punta ad aggiungere un ulteriore tassello nella prossima estate. Argentina e Uruguay, i due paesi che costeggiano il Rìo de la Plata e che hanno regalato il tango al mondo giungono ogni anno a Vasto e si sentono come se fossero a casa.
Alessandro Leone