Quando ero dirigente d’azienda, in un’altra vita, mi capitò di prendere uno sciopero perché un certo macchinario non stava funzionando bene e perdevamo produzione, accumulando ritardi allarmanti verso il cliente principale: il sindacato più rappresentato (era la FIOM CGIL, se non ricordo male), decise quel giorno di scioperare contro queste perdite di produzione, creandone – di fatto – delle altre.
Questa follia, per quanto possa sembrare strano, è pura verità.
Lo sciopero è un diritto sacrosanto dei lavoratori, ottenuto dopo lotte lunghe e, a volte, sanguinose: quando tutto questo viene dimenticato, accade che tale diritto venga travisato ed utilizzato per scopi che nulla hanno a che vedere con le lotte che l’hanno sostenuto.
Ed ecco che, di questi giorni, alcune sigle sindacali in FCA (la ex-FIAT) hanno indetto scioperi perché un famoso calciatore è stato ingaggiato a suon di milioni da una società sportiva che è ricollegabile a FCA tramite una finanziaria che detiene quote azionarie significative di entrambe (complicato, ma chiaro).
Ora, se con uno sforzo titanico mettiamo per un attimo da parte le sciocchezze da ultras e le umane invidie verso chi in generale guadagna caterve di denaro, non si capisce proprio quale sia il nesso tra lo sportivo pluri-pagato e le vicende di queste aziende.
Ancora più paradossale, poi, l’accostamento tra il calciatore e taluni operai che hanno perso il posto di lavoro: come se il primo avesse causato i guai di questi ultimi o se – idea ancora più folle – lo stipendio dello sportivo avesse potuto salvare il posto di lavoro di costoro!
Sir Arthur Conan Doyle fece dire al suo celeberrimo personaggio Sherlock Holmes: “Eliminato l’impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità”. Tolte, quindi, di torno tutte le fesserie (l’impossibile), quali veri motivi hanno costoro per scioperare?
La risposta ci viene suggerita da altre sigle sindacali – evidentemente con un po’ più di dignità in corpo – che hanno cassato il tutto come “ricerca di mera pubblicità”. Come dire che cotali scioperanti, pur di ottenere “visibilità”, non esitano a danneggiare le aziende che danno loro lavoro, motivando il tutto con argomentazioni che nulla hanno a che vedere con i veri problemi dei lavoratori.
Lo sciopero, la difesa del posto di lavoro, la dignità del lavoro stesso sono cose serie: svenderle in questo modo significa solo offendere la memoria di chi, rimettendoci di suo, ha davvero lottato per esse. Cerchiamo di non dimenticarcene.