Crisi economica, stage e tirocini a ripetizione, cultura della disillusione e bassa autostima: sono solo alcuni dei sintomi che si trovano a sperimentare i giovani di fronte a un mercato del lavoro saturo e privo di possibilità. L’alternativa? Andarsene. Nel mondo globalizzato è sempre più semplice e, stando a vedere le testimonianze che abbiamo raccolto, più remunerativo sotto il profilo umano e meramente materiale/economico.
Zonalocale ha lanciato recentemente un’inchiesta LEGGI che ha tentato di analizzare il fenomeno. 4.800 emigrati, oltre 200 in più rispetto al 2015 in quella che da noi è stata definita una vera e propria “emorragia”. I numeri sono sempre numeri e le statistiche parlano chiaro ma abbiamo fatto in modo che a parlare fossero proprio i protagonisti dell’emigrazione scoprendo un fenomeno più complesso di come si presenta.
Due sono state le interviste, sullo stesso argomento ma da un punto di vista differente. La prima è stata dedicata ad Andrea Maggio LEGGI che negli Stati Uniti ha trovato una casa che gli ha permesso di coltivare contemporaneamente la carriera negli studi e quella nella pallavolo grazie a una borsa di studio della Park University a Kansas City. Per la seconda intervista abbiamo invece lasciato spazio a Luca Storto LEGGI, oggi residente a Lussemburgo dove gestisce fondi di investimento milionari.
Oltre alla moria di opportunità di lavoro, entrambi hanno segnalato la differenza di mentalità con una lancia spezzata a favore del paese ospitante. Negli Stati Uniti, dice Andrea: “La mentalità è molto aperta, nessun giudizio per quello che sei o che fai. Quando la chiamano “terra dei sogni” o “delle libertà” è vero anche se sono rigidi con le leggi. Non sono menefreghisti, ti danno una mano. I professori sono disponibilissimi, veloci nel rispondere, reperibili. Qui in Italia già è tanto se un professore ti risponde. Inoltre, nel nostro paese è difficile studiare e fare sport allo stesso tempo. Ho amici che hanno esami il giorno dopo la partita. Lì in America sei sempre giustificato perché giochi per l’università. Qui in Italia non lo capiscono, se fai sport ti scartano. Alle superiori non ti giustificheranno mai ma questo vale con qualsiasi passione.” Luca Storto invece parla di “cultura del talento”, in un paese, Lussemburgo, che è abituato a responsabilizzare le persone puntando alla crescita dell’individuo in ogni settore di competenza.
Questo significa che l’Italia, l’Abruzzo, Vasto, sono terre ingrate? Può darsi. Ma non bisogna dubitare della loro voglia di tornare e del legame nostalgico che sentono verso il territorio. Andrea, il più giovane, ha solo 23 anni: l’obiettivo è quello di costruire un bagaglio e di continuare a vivere secondo la mentalità americana pur sentendo un affetto unico nei confronti dei suoi amici e familiari vastesi. Luca invece, prova più risentimento: per lui è incredibile che, con il background ritrovatosi a questo punto, nessuno a Vasto voglia investire su di lui o su persone come lui.
Dunque, non si tratta solo di crisi economica, forse faremmo meglio a chiamarla crisi culturale. La radicalizzazione della società è, chissà, una delle manifestazioni di questo risentimento in cerca costante di un capro espiatorio. Ciò di cui bisogna rendersi però conto è che l’estero, quell’ex terra di nessuno ora invece terra di tutti, ribolle di giovani delusi, dalla mentalità molto aperta, dal bagaglio fitto di esperienze, skills e competenze. Tutte opportunità di investimento per rilanciare un paese in declino e un territorio che non è in grado di poter valorizzare i suoi giovani pieni di speranze (infrante).
In questa storia:
- L’emorragia continua: Vasto, 4800 emigranti, 280 in più del 2015 LEGGI
- Andrea Maggio, protagonista negli USA: “Non è una questione di servizi, ma di esperienze” LEGGI
- Luca Storto e il Lussemburgo: “Da loro una chance per gestire fondi d’investimento” LEGGI
Alessandro Leone