Tre arresti e quattordici indagati nell’operazione Eterno Riposo. Nel cimitero comunale di Vasto c’era una gestione “parallela” rispetto a quella regolata dalle leggi dello Stato. Per questo, con l’accusa di induzione a dare e/o promettere utilità, compiuto in concorso tra loro, oltre che di vilipendio di cadavere e altro, il gip del tribunale di Vasto, su richiesta del Procuratore della Repubblica, ha ordinato gli arresti domiciliari per Franco D’Ambrosio, 60 anni, Antonio Recinelli, 65 anni, Luisito Lategano, 45 anni, rispettivamente con funzioni di custode, necroforo e operaio.
A illustrare i dettagli dell’operazione svolta dalla polizia di Vasto sono stati il commissario capo Fabio Capaldo con il vice commissario Rosetta Di Santo e il procuratore della Repubblica Giampiero di Florio.
“I tre, incaricati di pubblico servizio presso il Cimitero di Vasto, avevano posto in essere una vera e propria attività illecita in grado di fruttare loro denaro contante. L’attività riguardava “soprattutto le operazioni di inumazione, tumulazione, esumazione ed estumazione dei feretri, per eseguire le quali, i tre inducevano gli utenti a pagare loro le somme di denaro, anzichè rivolgersi al servizio Patrimonio e del Demanio del Comune, per il versamento delle tariffe previste dal regolamento. Il tutto, per lo più nell’ufficio ubicato all’interno del Cimitero stesso, dove i tre ricevevano gli utenti colpiti da lutti i quali, pur di sistemare i propri defunti, accettavano di pagare in contanti le prestazioni richieste ai dipendenti comunali”. “Le cifre – spiega Capaldo – si aggiravano sui 100-150 euro per le manutenzioni, 600-700 euro per le tumulazioni”.
Secondo la ricostruzione della polizia i tre “pur di lucrare denaro, acquisivano la disponibilità dei loculi attraverso attività cimiteriali irregolari, quali ad esempio ridurre in urne cinerarie i resti cadaverici anche quando lo stato degenerativo non lo consentiva, oppure tumulare più cassette nello stesso loculo, a volte anche all’insaputa dell’utente. L’attività di indagine ha portato ad acquisire ulteriori riscontri attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali e video“.
Di Florio ha sottolineato che “il cartello apposto nel 2017 lasciava presagire qualcosa su una gestione parallela. Vanno fatti i complimenti al commissario Capaldo che ha indagato in prima persona insieme al suo personale“. Ad oggi sono 14 gli indagati “perchè c’è anche la responsabilità del privato che paga. In alcuni casi c’era chi tirava sul prezzo da corrispondere. Su queste circostanze sono in corso ulteriori verifiche”. Il procuratore ha aggiunto: “È significativo che l’attività fosse continuata anche dopo l’apposizione del cartello da parte del Comune. La necessità di intervenire subito è stata dettata dalla proroga delle indagini, che era stata notificata agli indagati e quindi ne avevano conoscenza. L’ultimo episodio è del 9 giugno”. Cinque giorni prima la polizia era stata in Municipio per acquisire atti proprio legati alla gestione del cimitero [LEGGI].
È stata minuziosa l’attività di indagine degli agenti del commissariato. “L’indagine non nasce dal cartello del Comune – ha sottolineato Capaldo – ma dal lavoro su strada dei poliziotti“. Non è stato semplice ricostruire i dettagli di quanto avveniva nel cimitero perchè “nessuno ha parlato, nessuno ha denunciato. L’indagine è nata solo dalla bravura degli agenti”.
Le tre persone finite ai domiciliari sono difese dagli avvocati Antonino Cerella e Massimiliano Baccalà. Per ora, i difensori preferiscono non rilasciare dichiarazioni e attendono la fissazione degli interrogatori di garanzia.