“I am Christiana Rossetti”, esclamò alzandosi dalla sedia per poi risedersi. La poetessa dalle radici vastesi si trovava in quel momento nel salotto di mrs. Virtue Tebbs, per un tea party, strano a dirsi dato che odiava le feste. Però, in qualche modo, con quell’affermazione volle affermare la sua presenza, non passare inosservata e celebrare il suo essere (donna). Dalla descrizione di lei pervenutaci da Virginia Woolf, Christina si presentava sì come una donna discreta, apparentemente debole ma anche risoluta e ferma nei propri principi.
In questo primo capitolo sulla storia della famiglia Rossetti ci occupiamo di lei e della sua poesia nel tentativo di offrire a voi lettori perlomeno una percezione dell’importanza che Christina ha avuto per la società sua e nostra contemporanea.
Il Background
Sul suo talento precoce incise l’educazione che gli venne proferita. Era figlia di Gabriele, esule a Londra, e dell’italo-francese Frances Polidori, sorella del medico di Lord Byron. L’ultima dei quattro, Christina venne alla luce nel 1830 dopo Maria Francesca, Dante Gabriel e William Michael. Da suo padre proviene sicuramente un senso di nostalgia, legato allo “sweet south” – ovvero l’Italia e la Vasto mai potute conoscere di persona – senza tralasciare l’influenza di Dante e dei sonetti di Petrarca almeno sull’ultima parte della sua vita, come vedremo più avanti. Christina possedeva inoltre un’anima profondamente legata alla natura, merito dell’infanzia passata in campagna, al cottage di Holmer Green del nonno Gaetano Polidori. Reminiscenze dell’epoca sono presenti in Time Flies: a Reading Diary (1885), prodotto negli ultimi anni di vita, in un revival che puntava a ricongiungerla con quel luogo. La sepoltura di un topo, la descrizione della ciliegia mentre spuntava dall’albero testimoniano tra gli altri episodi un’attenzione al dettaglio, una venerazione religiosa della natura che ritorna spesso nel tema della caducità delle cose umane. Tuttavia, le sue visite a Holmer Green terminarono nel 1839, quando si trasferì a Londra con la famiglia cominciando ad incappare in vari e ripetuti problemi economici e fisici.
“Se qualcosa mi ha spinto verso la poesia, è stata la deliziosa libertà con cui tutta sola mi aggiravo nel cottage di mio nonno a trenta chilometri da Londra”
Con Dante Gabriel costituiva una coppia dal temperamento molto passionale. Gabriele li chiamava “le due tempeste” in contrapposizione con Maria Francesca e William Michael, i “due calmi”. Come la stessa Christina ricorderà in futuro a sua nipote:
“Non devi immaginare, mia cara ragazza, che tua zia sia sempre stata la persona calma e sedata che conosci. Anche io avevo un temperamento passionale ma ho imparato a controllarlo. Una volta, dopo esser stata rimproverata da mia Madre per qualche errore, ho afferrato un paio di forbici e ho strappato la mia pelle per placare la mia ira. D’allora ho imparato a controllare le mie emozioni e senza dubbio anche tu ci riuscirai!”
Punto che viene sottolineato nuovamente da suo fratello William Michael:
“Nel suo carattere innato era vivace e aperta. Durante la sua infanzia, si pensava che sarebbe diventata una donna dal cuore aperto, appassionata della società e dei passatempi, prendendo parte ad essi con più della media brillantezza. Quello che successe ovviamente fu l’esatto contrario.”
Frances Polidori Rossetti in tutto questo leggeva ai suoi figli e Christina cominciava a mostrare una sorta di predisposizione. The Pilgrim’s Progress di John Bunyan e gli scritti di Sant’Agostino figurano tra i pilastri della sua educazione cristiana ma, quando cominciò a selezionare autonomamente le opere, con i fratelli si dilettava leggendo The Arab Nights o la Fairy Mithology di Thomas Keightley. Di lì a poco avrebbe cominciato a mettere per iscritto i primi immaturi versi.
Le prime opere
“Cecilia never went to school / Without her gladiator” è il primo verso mai scritto da Christina. Il tentativo successivo riguardò un racconto, poi abbandonato, sullo stile de Le Notti Arabe. La prima poesia completa altro non era che una dedica a sua madre Frances per il compleanno, quando aveva solo 11 anni. Per favorire questa sua attitudine, Christina creò con i suoi fratelli una sorta di giornale familiare dove iniziò a sperimentare con le ballate, le poesie devozionali, bucoliche e liriche. L’apporto decisivo venne dalla decisione dei genitori di spostarsi dalla scuola evangelica a quella anglo-cattolica una volta stabilitisi a Londra.
La poesia di Christina iniziò ad acquisire una forma definita grazie alla frequentazione della Chiesa di Cristo su Albany Street, legata all’Oxford Movement, che aggiunse alla lista dei temi trattati dai suoi scritti la vanità dei piaceri terreni, l’inconsistenza dell’amore umano e la perfezione di quello divino.
Nel 1843 il padre Gabriele sperimentò progressivamente il suo tracollo fisico che lo costrinse a stabilizzarsi in casa, oramai cieco e impossibilitato a insegnare. Frances Polidori lasciò anche lei tutto per tornare a svolgere il ruolo di governante in famiglia mentre Christina si prendeva cura del pater-familias. Tuttavia, nel 1845 la poetessa fu altrettanto vittima di problemi psicologici su cui vari autori hanno speculato con le più svariate ipotesi: dal fanatismo religioso all’idea audace di Jan Marsch, suo biografo, riguardo un trauma sessuale represso, probabilmente dovuto a un tentativo di incesto paterno. Riguardo quest’ultima possibilità le poesie offrirebbero una testimonianza: Christina parla di un coccodrillo nell’atto di divorarle la pelle e di un segreto da custodire.
La poesia è ancora una volta il grande conforto per Christina, in ogni fase di crescita della sua vita. Due anni dopo arrivò la prima raccolta ufficiale, Verses, pubblicata privatamente dal nonno Polidori. Si tratta di 39 poesie in cui si possono facilmente tracciare delle linee di influenza generali rintracciabili nell’intera carriera letteraria: gli autori gotici come Maturin e Lewis, i più conosciuti Keats, Shelley, Tennyson fino agli italiani Petrarca e Tasso. L’evocativa descrizione della città morta di The dead city con i suoi 275 versi probabilmente preannuncia l’impostazione che Dante Gabriel utilizzerà per dare forma al movimento Pre-raffaellita.
Once I rambled in a wood
With a careless hardihood,
Heeding not the tangled way;
Labyrinths around me lay,
But for them I never stood.
Un critico del Catholic World nel 1876 definirà la poetessa come “regina dei Pre-Raffaelliti”. La sua poesia è stata più volte descritta come tale e, in effetti, se consideriamo il simbolismo naturalistico e il linguaggio evocativo potrebbe rientrare nella definizione. Nonostante tutto, quando suo fratello Dante Gabriel riunì attorno a sé una serie di artisti, di cui parleremo in un altro articolo, sotto il nome di “Fratellanza Pre-raffaellita”, Christina non ne prese parte se non inizialmente nella rivista The Germ con qualche poesia. Dante Gabriel invece restò uno dei più fedeli sostenitori della sorella nonché illustratore di alcune sue opere, motivo per cui probabilmente le chiese di posare per alcuni dipinti come in The girlhood of Mary Virgin.
Nelle poesie raccolte in The Germ si denotano una sofferenza e una rassegnazione volte a immobilizzare il lettore, come nel caso di Sweet Death.
The sweetest blossoms die.
And so it was that, going day by day
Unto the church to praise and pray,
And crossing the green churchyard thoughtfully,
I saw how on the graves the flowers
Shed their fresh leaves in showers,
And how their perfume rose up to the sky
Before it passed away.
La devozione e il femminismo
La sua limitata partecipazione con i Pre-Raffaelliti aveva comunque portato a degli effetti. Iniziò a palesarsi una certa relazione di stima con James Collinson che si propose a lei nel 1848. Christina decise di rifiutarlo in quanto membro della chiesa romana, motivo per cui Collinson si convertì all’anglicanesimo. Fu molto probabilmente il fallimento della loro relazione a riportare il pittore verso la precedente confessione ponendo fine al matrimonio solo due anni dopo.
Maude: a Story For Girls, scritta nel 1850 ma pubblicata postuma nel 1897, segnò l’inizio di una serie di poesie con al centro il ruolo della donna. Nella composizione si questiona l’impossibilità di associare le categorie donna, poesia e anglicanesimo in una sola persona. Molti la considerano come scritto autobiografico con al centro una ragazza che aveva appena sperimentato il dolore di un matrimonio fallito, la disillusione e, forse, la rassegnazione.
“Your father thirty years ago
Had just your tale to tell;
But he was not so pale as you,
Nor I so pale as Nell.”
My lord was pale with inward strife,
And Nell was pale with pride;
My lord gazed long on pale Maude Clare
Or ever he kissed the bride.
I problemi economici continuarono, il che obbligò la famiglia Rossetti a ulteriori spostamenti. Charlotte Street, Camden Town, Frome e infine Albany Street. Christina e Frances avevano tentato di tornare ad insegnare prima di mollare definitivamente. Alla morte di Gabriele, nel 1854, la maturità della scrittrice verrà sostenuta dai guadagni di William, debito che la Rossetti sentirà come un peso per il resto della vita.
Dopo la delusione sentimentale, la devozione religiosa si espresse anche nell’ambito umanitario. Durante la guerra di Crimea raggiunse Florent Nightingale aiutando gli ammalati. Stesso scopo nel 1859 al St. Mary Margharet Penitentiary dove si guadagnò l’epiteto di “Sister Christina”. L’esperienza riecheggia in poesie come Cousin Kate o From Sunset To Rise dove al centro ci sono temi come il tradimento o l’amore illecito.
Ma in tutto questo il successo critico non era stato ancora raggiunto. Prima dell’acclamazione arrivò il grande rifiuto di Ruskin che in una lettera a Dante Gabriel riconobbe la “forza e la bellezza” della poesia di Christina criticando però ampiamente la metrica irregolare, al contempo invitando la poetessa a “scrivere come piace al pubblico”. Al contrario, Macmillan decise entusiasticamente di pubblicare Up-hill nel suo giornale offrendole uno spazio per esprimersi.
In questo contesto, nel 1861, arrivò il grande capolavoro della Rossetti: Goblin Market o Il Mercato dei Folletti. Acclamato dal The London Review e dal The Spectator, su cui scriveva Charles Dickens, la poesia venne pubblicata successivamente in una raccolta dal titolo Goblin Market and Other Poems. Nella composizione tornano protagoniste le donne. Una rivisitazione del peccato originale pone di fronte al frutto peccaminoso due sorelle. Da un parte Lizzi, che rifiuta il frutto considerandolo maligno, dall’altra Laura che risulta tentata.
Lizzie le andò incontro al cancello
Piena di saggi rimproveri:
“Cara, non dovevi fermarti così tanto,
il crepuscolo non è adatto alle ragazze;
non dovevi attardarti nella valle
nei luoghi degli uomini folletto.
Non ti ricordi di Jeanie,
che li incontrò al chiar di luna,
accettò i loro doni di prima scelta e tanti,
mangiò la frutta e si adornò di fiori
colti da pergole
dove l’estate matura a tutte l’ ore?
Ma per sempre nella luce di mezzodì
Si struggeva e languiva;
notte e giorno li cercò,
non li trovò mai più ma indeboliva e ingrigiva;
e cadde con la prima neve;
da quel giorno in poi non crescerà più l’erba
dove giace:
io lì ho piantato margherite un anno fa
che non sono mai spuntate.
Non dovevi attardarti tanto.”
“No, zitta” disse Laura:
“No, zitta, sorella mia:
ho mangiato e mangiato a sazietà,
e in bocca ho ancora l’acquolina;
domani sera ne
comprerò ancora” e la baciò:
“smettila di affliggerti;
ti porterò delle prugne domani
fresche sui ramoscelli madre,
ciliegie che val la pena mangiare;
non puoi capire che fichi
i miei denti hanno conosciuto,
quali meloni ghiacciati
accatastati su un piatto d’oro
troppo grande per me da sostenere,
che pesche dal pelo di velluto,
grappoli tralucenti senza neanche un seme:
odoroso davvero dev’essere quel prato
dove sono cresciuti, e pura l’acqua che han bevuto
con gigli sull’argine,
e dolce come zucchero la loro linfa.”
Il ritorno in auge della poetessa nella seconda metà dello scorso secolo, che legge Christina in chiave femminista, vede nel rapporto tra le due sorelle un elogio alla più pura e genuina fratellanza o addirittura una delle prime rappresentazioni lesbiche nella poesia. La critica marxista invece vi scorge una separazione tra le sfere domestica e commerciale in cui le donne sono esse stesse beni da scambiare piuttosto che soggetti aventi dei diritti. La sensualità del frutto e la trasgressione che invoglia Laura a mangiarlo di certo spinge il lettore a intravedere il tema sessuale facendo attenzione a contestualizzarlo nell’epoca in cui la Rossetti scriveva, quella vittoriana. Allo stesso modo il lettore è chiamato a scegliere da quale parte stare in Sister Maude: la donna che ha scelto di avere l’amante o la sorella che ha denunciato la relazione? Per il pubblico vittoriano sicuramente non doveva essere facile.
Anni più tardi, in The Prince’s progress (1866) che ricalca il The Pilgrim’s Progess di Bunyan, pur non ottenendo lo stesso successo critico di Goblin Market, Christina Rossetti espone questa volta una critica palese nei confronti dell’immagine della donna nelle fiabe. Relegata a un ruolo passivo, la sposa attende il “principe” e muore nell’attesa. Attraverso questo tragico epilogo, la poetessa vuole rivendicare il ruolo attivo della donna nella sua indipendenza.
Dunque, le poesie devozionali della Rossetti risultando agli occhi di chi legge ambivalenti. Se da una parte si invita all’obbedienza divina, dall’altra s’investono ambiti della teologia maschile con una visione di genere che combina il conservativo con il radicale. Nel 1878, in una lettera ad Augusta Webster scrisse: “Le più alte funzioni non sono aperte ad ambo i sessi in questo mondo”, sostenendo inoltre che il suffragio femminile non sarebbe bastato senza una presenza in parlamento a difendere gli interessi del genere. Rispettando il suo carattere cristiano, in Seek and Find scrive: “In Cristo non c’è né maschio né femmina”.
L’ultima fase
Una nuova offerta di matrimonio giunse a Christina nel 1866. Si trattava di Charles Bagot Cayley, un appassionato di Dante come il padre Gabriele, rifiutato nuovamente per ipotetiche questioni religiose. William invece pensava che il motivo risiedesse nei problemi economici che affliggevano la sorella poi prontamente smentiti da lei in una lettera.
Di lì a pochi anni, Christina si ammalò nuovamente. I sintomi andavano dai mal di testa cronici alle palpitazioni. Alla fine, gli venne diagnosticata una malattia della tiroide nota come malattia di Graves. Il declino della sua salute coincise con quello poetico. Negli ultimi anni infatti Christina si dedicò alle poesie moralistiche come in The churchman’s Shilling oppure a quelle per bambini. Anche l’ambiente familiare costituì un ostacolo alla sua serenità. Prima i problemi di salute di Dante Gabriel, poi il matrimonio di William con Lucy Brown con la quale la convivenza non era certo delle migliori.
L’ultima fase fu segnata inoltre da un ritorno nostalgico alla terra di origine mai conosciuta. Le ricerche su Dante e Petrarca produssero il poema più importante della sua maturità, Monna Innominata con dedica a Elizabeth Barrett Browning a cui spesso per rilevanza viene paragonata. È proprio in quest’opera che si dà l’addio alla giovinezza e il benvenuto, non senza qualche remora, all’”inverno del mio anno”:
Long have I longed, till I am tired
Of longing and desire;
Farewell my points in vain desired,
My dying fire;
Farewell all things that die and fail and tire.
In A Pegeant, l’ultimo stadio è la rappresentazione del letto di morte immaginando la possibilità di “mancare l’obiettivo”. Prima però, alla nostalgia del luogo sconosciuto e mai visitato va affiancata quella per l’infanzia. A Time Flies è l’opera più autobiografica dell’autrice oltre ad essere quella che ci offre più informazioni sulle sue influenze e sui suoi primi anni di vita, specialmente nella relazione con il nonno materno.
Nel frattempo, Christina si occupava della casa e assisteva al disfacimento della sua famiglia. Le morti si susseguivano: le zie Charlotte ed Eliza, Dante Gabriel e la madre Frances. Nel 1892 era il turno della sua sofferenza finale, un cancro al seno che peggiorerà fino alla morte, nel 1894.
Virginia Wolf citerà Christina Rossetti svariate volte nei suoi scritti saggistici a partire dal più famoso Una stanza tutta per sé. Quel libro anticipa l’ondata di femminismo che ergerà la Rossetti a paladina della causa e annovera la poetessa tra le prime e più importanti in assoluto della storia della letteratura britannica venendo affiancata a nomi comele sorelle Bronte, Elizabeth Browning per l’appunto e Jane Austen. Tutte figure discrete, nascoste, che nella loro timidezza hanno dato inizio a una rivoluzione nell’ambito letterario e di genere. Jane Eyre guarda fuori dalla finestra agognando un futuro indipendente mentre Christina Rossetti denuncia la sua condizione di donna subordinata. Ognuna di loro ha lasciato un vuoto incolmabile e un contributo essenziale alle lotte che si sono succedute e che continuano a succedersi. Per questo la letteratura può dirci sempre molto del nostro, vostro, loro tempo.
Alessandro Leone