Alla sua quinta edizione, il Siren Fest si ripropone nuovamente come evento di punta dell’estate vastese e abruzzese. Nel corso degli anni è riuscito a costruirsi una reputazione inattaccabile, merito da una parte della bellezza indiscutibile della città, dall’altra della costruzione di una line-up che mira alla soddisfazione di un pubblico affamato di concerti estivi sempre più in crescita. Un’occasione unica per Vasto che ne beneficia a livello turistico ed economico, ritrovandosi invasa nel suo centro storico e nelle sue spiagge così come i visitatori restano inebriati da una full-immersion musicale mentre respirano un’aria di festa. Dal 26 al 29 luglio la formula si ripropone con nuovi artisti che rientrano nell’ottica di contaminazione del festival, prevalentemente di matrice indie ma in realtà con molto spazio dedicato anche ad altri generi tra cui elettronica, post-rock e da quest’anno anche shoegaze (Slowdive) e blues/hard rock (Bud Spencer Blues Explosion) tra gli altri. Della storia del Siren (letto all’inglese dai più giovani, all’italiana dai meno), i suoi obiettivi raggiunti, la prossima edizione ne abbiamo parlato con il direttore artistico del festival Pietro Fuccio in una chiacchierata telefonica.
Da dove è partita l’idea e perché Vasto?
L’idea è stata di un cittadino americano, Louis Avrami, che vive nel New Jersey. Non aveva avuto mai a che fare con l’Italia, sennonché un giorno, a 25 anni, si ritrovò qui con gli amici mentre erano in viaggio per l’Europa. Fece conoscenza con una serie di persone di Vasto e ritornò regolarmente. Essendo un appassionato di musica cominciò a pensare alla possibilità di un festival. Prese dei contatti e pian piano arrivò a noi. Mi presentò questo progetto e io inizialmente lo presi per pazzo perché pensai: “Ma ti pare che un americano, che non organizza concerti per lavoro, voglia fare un festival a Vasto?”. Non sapevo neanche dove fosse Vasto. E invece, credo mi sia successo più o meno quello che capita a chi viene al Siren: sono andato più per curiosità che per disponibilità a visitare questo posto di cui erano state dette meraviglie da Louis e mi sono subito convinto che sarebbe stata una location fantastica. Mi fa molto piacere quando altri, venendo al Siren, si complimentano per la scelta del posto e lo considerano perfetto per quello che abbiamo scelto di fare. Questi racconti fanno il paio con la mia esperienza personale.
È stato difficile convincere gli enti?
Louis aveva già preparato il terreno. Nel corso degli anni finì a parlare – non so come anche perché non parla una parola di italiano – con il comune, persone influenti della città e le autorità. Poi, chiaramente, portare un evento di portata internazionale in un piccolo centro è complicato però fino ad ora ci siamo riusciti.
Louis ha partecipato alle passate edizioni?
Certo, Louis è presidente dell’associazione culturale Stardust Production e fa parte dell’organizzazione del festival.
Quale rapporto avete con il territorio?
Mi dispiace non avere molte persone di Vasto nell’organizzazione del festival. Abbiamo una figura in particolare, luminosissima, ma per il resto siamo quasi tutti romani. Potrei dire, tra il serio e il faceto, che se dovessi giudicare dalle lamentele che ricevo nella settimana di organizzazione dell’evento direi che preferiscano la peste piuttosto che il festival. Poi però noto anche che in albergo durante il festival il numero delle prenotazioni raddoppia. Credo che ci possa essere un collegamento. La parte conservatrice in una città c’è sempre e mi rendo conto che invadiamo il centro in maniera abbastanza invadente prendendo anche le location migliori. È però anche vero che un conto è farlo in centro, un altro sulla tangenziale.
Si può considerare il Siren come il festival di maggior successo per DNA?
È l’unica cosa che facciamo con quelle caratteristiche. Non posso paragonarlo con delle esperienze precedenti fatte in altre città. Sono un po’ scaramantico ma fin qui… ci ha dato grandi soddisfazioni.
A livello di numeri come stanno andando le prevendite?
Le trovo sempre abbastanza bizzarre, sono molto lente fino a ridosso dell’evento. In fondo non stiamo parlando di un concerto a Villa Ada o al Magnolia, dove si aspetta fino all’ultimo, ma di un festival che richiede sforzo organizzativo. Le persone devono comprare un abbonamento, organizzarsi per il fine settimana, prendere l’albergo, i giorni di ferie quindi per questo lo trovo molto strano ma comunque il grosso del risultato lo vediamo soprattutto nell’ultimo mese o addirittura negli ultimi dieci giorni.
E per le scorse edizioni quanto è stato raggiunto?
È difficile fare un conteggio preciso. Il Siren infatti è aperto a vari tipi di pubblico, anche quello più casuale. Ci sono spazi liberi come Via Adriatica, Porta San Pietro dove abbiamo fatto suonare Motta, Giorgio Poi, la spiaggia che stiamo via via potenziando oppure i concerti in chiesa. Lo scorso anno per esempio pensiamo di aver raggiunto quota 7mila ma è una cifra che rischia di essere calcolata per difetto perché appunto la gente che non compra il biglietto la contiamo in maniera empirica. Il festival è sempre stato in crescita di anno in anno. Il primo anno portare la gente a fidarsi non fu facile, d’altronde una piccola città che si ritrova improvvisamente nomi come The National e Mogwai…
L’apertura si farà nuovamente in chiesa?
Il progetto è di farci la chiusura ma non abbiamo ancora confermato. Comunque sia è un appuntamento a noi molto caro e credo sia gradito al pubblico.
Il primo anno con Anna Von Hausswolf all’organo fu molto suggestivo
Anna Von Hausswolf fu un gran colpo. Ci sono due chiese a Vasto con organi antichissimi e pregiatissimi. Purtroppo, gli organisti nel mondo dell’indie sono un po’ pochi.
Cosa aggiunge questa edizione alle precedenti?
Puntiamo molto sul potenziamento di Vasto Marina su cui stiamo lavorando. Il nostro sogno è quello di avere una spiaggia nostra al 100% nonostante siamo molto riconoscenti verso chi ci ha appoggiato. Per noi trovare uno spazio lì è fondamentale. Quando feci il primo giro con Louis, una delle prime cose che mi avevano colpito di Vasto fu il fatto che la città è sul mare. Il grosso della sua fama è legato a quello. Sicuramente i Giardini d’Avalos o Porta San Pietro non vanno sottovalutati però fare un festival a Vasto ma non sul mare sarebbe come non avere gli arrosticini.
Su cosa si basa il criterio di selezione delle band?
Su un misto di fattori. Si parte non proprio dal gusto nostro ma da quello del pubblico del festival. Poi dobbiamo considerare il budget, la disponibilità degli artisti, i loro tour ma cerchiamo di trovare la miglior line-up possibile con quello che c’è. Credo sia abbastanza chiara la cifra artistica del festival ma ci piace molto mescolare. Siamo molto fieri di essere riusciti a creare un mix tra italiani e stranieri che in altre situazioni non è possibile. Nel 2015 ci fu una serata con Verdena e Jon Hopkins e anche quest’anno siamo entrati nella dinamica del frullatore. Non ci poniamo problemi, abbiamo la fortuna di muoverci in un contesto in cui, se i musicisti hanno una sensibilità in comune, possono suonare al Siren insieme anche se uno fa rock puro e un altro elettronica d’avanguardia. Il numero degli artisti ci porta ad avere una mentalità molto aperta.
Molti ragazzi vastesi partecipano all’evento come volontari, come considerano la loro esperienza?
I ragazzi sono entusiasti di partecipare a un progetto del genere. Molti ci saranno per il quinto anno consecutivo, altri ora sono collaboratori in maniera più continuativa. È molto sorprendente in positivo anche perché è un lavoro stressante.
Ci sono performance che hai preferito su tutte?
In realtà credo di non aver mai visto un concerto intero essendo sempre travolto da mille cose da fare. Quando riesco a vedere venti minuti di concerto è un grande evento però il primo anno, che sicuramente è stato il più impegnativo dal punto di vista organizzativo, ricordo sempre volentieri che sono riuscito a smarcarmi un attimo dall’ufficio per vedere cinque minuti dei The National. Mi sono posizionato vicino al palco e uno dei due fratelli Dessner mi ha guardato e ha detto “Thank you Pietro”. Quei due minuti valsero tutto il lavoro e decisi che potevo tornare a lavorare felice.
Per maggiori informazioni sul festival:
Line-up https://sirenfest.com/lineup2018/
Biglietti https://sirenfest.com/tickets/
Alessandro Leone