Tre anni e sei mesi. E’ la pena che la Corte d’assise di Lanciano ha inflitto a Carmela Guglielmo, la donna di 50 anni accusata dei maltrattamenti subiti da alcuni anziani della casa di riposo L’Arcobaleno, di cui la donna era titolare a Vasto. La sentenza è giunta nella tarda mattinata di oggi, al termine di due ore di camera di consiglio in cui la presidente della Corte, Marina Valente, il giudice a latere Andrea Belli e i sei giudici popolari hanno deciso per la condanna, ridimensionando le accuse.
La vicenda – I carabinieri della Compagnia di piazza Dalla Chiesa avevano fatto irruzione nella casa famiglia il 21 luglio 2016, eseguendo l’arresto dopo una serie di indagini condotte tramite intercettazioni telefoniche e video registrati da telecamere posizionate dai militari all’interno della struttura di via Gambattista Vico.
Uno dei due imputati, Lucio Ramundi, è morto. Rimanevano in capo alla sola Carmela Guglielmo le accuse di maltrattamenti, lesioni volontarie aggravate dalla successiva morte di un uomo di 80 anni e abbandono di incapaci con le aggravanti di aver agito per futili motivi e aver adoperato sevizie.
La sentenza – Nella penultima udienza, l’accusa, rappresentata dal sostituto procuratore di Vasto, Gabriella De Lucia, aveva chiesto 7 anni di reclusione. Si erano associati alle sue richieste gli avvocati di parte civile: Fiorenzo Cieri, Luigi Masciulli e Alessio Mucci, che rappresentavano altrettanti anziani utenti della casa famiglia. L’avvocato dell’imputata, Alessandra Cappa, aveva chiesto, invece, l’assoluzione per la sua cliente, contestando le accuse, soprattutto quella relativa al decesso dell’ottantenne.
Oggi l’ultima udienza è durata pochi minuti: l’accusa non ha replicato alle arringhe difensive della precedenrte udienza e, di conseguenza, nessuna ulteriore replica della difesa.
Dopo due ore di camera di consiglio, il collegio giudicante è tornato nell’aula del primo piano del palazzo di giustizia di Lanciano attorno a mezzogiorno, quando la presidente Valente ha letto il verdetto: 3 anni e mezzo di reclusione.
“Sono soddisfatta – commenta Cappa – perché sono state notevolmente ridimensionate le accuse nei confronti della mia assistita, accertando che la morte dell’anziano ospite della casa di riposo non è stata causata da maltrattamenti. La mia cliente è stata condannata per episodi numericamente ristretti nei confronti di due persone e non per le gravi carenze igieniche e alimentari che le venivano contestate. Ora attendo di leggere le motivazioni per capire se presentare appello” da cui scaturirebbe il processo di secondo grado.
“Le statuizioni civili finalizzate a ottenere il risarcimento dei danni subiti dai nostri assistiti sono state ampiamente accolte”, sottolinea Cieri, uno dei tre avvocati di parte civile. “Sull’entità della pena, non abbiamo rilievi da muovere: la corte ha comminato la pena che ha ritenuto congrua. In ogni caso, per valutazioni più approfondite, sarà necessario attendere le motivazioni”.