Da ragazzino, non mi piaceva il “Brodetto di pesce”. Credo, cosa comune a molti giovani nell’età della… incoscienza. Ricordo la stizza di mia madre che lo aveva preparato e l’incredulità di mio padre che, come un mantra, ad ogni mio rifiuto ripeteva: “Ci vengono da tutta Italia, a Vasto, per mangiare il brodetto!” Quando, in famiglia, si andava al ristorante (naturalmente da “Zi’ Albina”, da “Micchele” o alla “Vela”) a me sembrava essere vittima di una persecuzione, ne nasceva sempre una disputa che finiva con nel mio piatto un’anemica fettina di carne. Ho sempre avuto la sensazione che il cameriere me la mettesse davanti con l’aria di sufficienza di chi sta pensando di avere a che fare con un mentecatto. Fortunatamente, con il passar del tempo, l’avversione si attenuò ed oggi il brodetto non solo si eclissa, con vero gusto, in gola ma, ogni volta che compare in tavola, provo anche orgoglio nel pensare che quel piatto si mangia così soltanto nella mia città.
Il Brodetto di pesce, da noi, non è solo cibo e neanche soltanto la più alta espressione gastronomica di un territorio di mare, è una circostanza per socializzare. Come non notare, al suo arrivo in tavola, l’espressione di attesa dei commensali nel contare i secondi che separano il poggiar del coccio dall’elevarsi del suo coperchio?! Come trascurare quei momenti di silenzio in cui, intorno, tutto svanisce e si hanno occhi soltanto per il ribollir del rosso?! E poi, come non dar significato ai primi momenti, quelli dell’indugio, quelli in cui si studiano le mosse del commensale “avversario” che potrebbe sottrarre, con un veloce colpo di cucchiaio, il pesce che più ci piace; si seguono persino i suoi occhi per prevenire il ratto di pìlipe, siccitèlle, calamére, mizzanèlle, panôcchie, risciùle, sfujazzàtte, mirlìcce, tištuluèine e luciuèrne”, gragnuluàtte e persino cciòcchele. Il sottile gioco psicologico e di destrezza, intarsiato da cenni di educazione, garbo e correttezza, magari sottolineati da un ipocrita “prego, prima tu”, si scioglie solo allo scoprir del fondo de la tijèlle e grazie a quella zattera di pane casareccio, magari appena ombrato, che fa da dessert del fine pasto.
E c’è chi pensa di eliminare, dal brand cittadino e dalle manifestazioni estive, dopo 12 anni consecutivi di elogio diffuso del nostro piatto tipico, i giorni del “Brodetto alla vastese”??? C’è chi pensa di superarne gli effetti comunicativi e promozionali con il Festival della ventricina??? Con tutto il rispetto per il pregiato salume del Vastese, appare una idiozia!
Giorni fa, ho avuto l’opportunità di curare gli aspetti logistici delle riprese televisive di un programma che andrà in onda su SKY Gambero Rosso Channel, con la partecipazione del cuoco “Giorgione” e l’intervento di alcuni pescatori della Piccola pesca vastese, esperti di cucina e di antropologia culinaria. E’ stata ripercorsa la storia del nostro celebre piatto e se n’è curata la preparazione per diffonderne la conoscenza tra centinaia di migliaia di spettatori SKY: peschereccio in azione, cucina sui Trabocchi, interviste e riprese televisive con lo sfondo della nostra costa mostreranno, ad un ampio pubblico, la specialità gastronomica del nostro Territorio. Quelli della TV ci sono venuti apposta, per due giorni, perché del nostro brodetto ne avevano sentito parlare ed hanno voluto promuovere Vasto attraverso il suo piatto tipico! E che si fa? Se ne cancella la notizia dell’esistenza nel momento di maggiore presenza turistica in città! C’è da sbalordire.
Si riconsideri, immediatamente, l’esclusione delle giornate del “Brodetto di pesce alla Vastese” dal calendario delle manifestazioni estive. Si promuovano la ventricina, i tarallucci, le scrippelle e quanto altro ma il brodetto di pesce non può scomparire dalle attività di promozione della città. Oltretutto, si fa fatica a comprenderne il motivo.