Stagione estiva in preparazione sulle nostre spiagge. Ombrelloni, sdraio e lettini cominciano a comparire e si “scartano” gli stabilimenti balneari preservati durante l’inverno.
Le spiagge libere sono un bene ma l’offerta di un servizio al turismo quale quello prodotto “balneatori” è elemento imprescindibile per quel turismo familiare di cui beneficia il nostro territorio. L’attività degli stabilimenti balneari è attività d’impresa, rappresenta quell’organizzazione di uomini e mezzi che caratterizza qualunque azienda che regge il fronte tra costi e ricavi ma, troppo spesso, viene guardata con sufficienza e qualche perplessità, forse perché considerata… residua, forse perché stagionale, forse perché svolta sul Demanio pubblico.
Da qualche anno, questa attività di servizio è nell’occhio del ciclone. Infatti, nel 2008, la Commissione Europea ha redarguito il Governo italiano per non ottemperare ad un precetto del 2006, conosciuto come “Direttiva Bolkestein”. L’Italia, a fine 2009 ed uniformandosi senza porre la dovuta attenzione, modificò, di conseguenza, un articolo del Codice della Navigazione, cancellando il cosiddetto “diritto d’insistenza” che, fino ad allora, aveva permesso la prosecuzione delle attività dei balneatori.
Da allora, si generò una battaglia infinita fatta di ricorsi giudiziari, interventi normativi regionali ed estenuanti dibattiti volti alla ricerca di soluzioni che non costringessero queste imprese, con il loro bagaglio di esperienze, la consolidata e fidelizzata clientela e costosi investimenti fatti negli anni, a dover competere, senza alcun riguardo per il lavoro a lungo esercitato e nell’ampio mercato europeo, con investitori chissà da dove provenienti, con il rischio di sistemi franchising, pronti a scalzare gli operatori locali.
Il Legislatore, consapevole delle oggettive difficoltà che si erano venute a creare, diede inizio, così, alla lunga stagione delle proroghe. L’ultima, quella del 2012, con cui si spostava il temine ultimo delle Concessioni demaniali al 2020, è stata però oggetto, nel 2016, dell’intervento della Corte Europea, la quale ne ha sancito l’inefficacia. E così sì è punto e daccapo. Urge una nuova regolamentazione che risolva lo stato di confusione ed incertezza.
Uno spiraglio è offerto, però, dalla stessa Corte Europea che, nel suo deliberato di diniego all’ulteriore proroga, riconosce il “legittimo affidamento” a quei concessionari del Demanio che avessero avviato determinati investimenti. E da questa ipotesi che prende spunto un Disegno di Legge, preparato dall’Associazione Onlus Ambiente e/è Vita, presentato a Tortoreto (Te) nei giorni scorsi. Ispirato a “La via italiana alla tutela dell’ambiente costiero”, le norme proposte coniugano l’esigenza di tutela delle imprese balneari esistenti con il principio di libertà di impresa riconosciuto nella Carta fondamentale Europea, attraverso la scelta più opportuna in termini di tutela ambientale.
In definitiva, si tratta di connettere tra loro due norme della Carta Europea dei Diritti fondamentali: quella contenuta nell’art.16, che tutela la libertà d’impresa conformemente “alle legislazioni e prassi nazionali” e quella dell’art. 37, con cui si tutela l’ambiente “conformemente al principio dello sviluppo sostenibile”. Per far questo, occorre modificare l’art. 37 del nostro Codice della Navigazione.
Quel che è stato abrogato è il rinnovo automatico delle concessioni (diritto di insistenza) ma l’obbligo di gara europea o di licitazione privata è possibile evitarlo individuando una soluzione che, nel rispetto della tradizione e del lavoro profuso in questo settore, vada nel segno della tutela dell’ambiente costiero riconosciuto dal suddetto art. 37 del Codice della Navigazione.
Con questa norma di principio si riconosce titolo preferenziale nell’assegnazione delle concessioni demaniali ed allora, più che andare alla ricerca di un sistema che garantisca il rinnovo automatico delle concessioni già in essere, occorrerebbe impegnare il concessionario che aspira al rinnovo alla presentazione di un progetto di “caratterizzazione ambientale” che preveda particolari interventi sull’area demaniale, con la realizzazione strutture architettoniche e scelta di materiali per la loro realizzazione ecocompatibili e da cui si evinca un impegno alla tutela dell’Ambiente operando con forme di sviluppo e turismo sostenibili. Il rinnovo avverrebbe tenendo conto degli investimenti già effettuati e dell’impegno alla conservazione dell’ambiente costiero, nel rispetto di quanto statuito dalla Corte Europea.
Il concessionario che ambisce al rinnovo ha tutta la convenienza a conservare e tutelare, sotto l’aspetto ambientale, l’area datagli in concessione; rispettando le direttive di natura ambientale, potrà di nuovo ottenere l’uso del tratto demaniale, lo conserverà e valorizzerà in ogni modo poiché rappresenterebbe parte di un capitale che nessun imprenditore distruggerebbe o impoverirebbe, anche in termini ambientali.
In concreto, anche in caso di messa a bando di aree già concesse, modificando la norma del Codice della navigazione, sarebbe possibile, in sede di rinnovo delle concessioni, dare preferenza, anche rispetto a nuove istanze, ai precedenti concessionari che hanno effettuato investimenti durante il periodo di trascorsa concessione e che propongano progetti che connotino l’area demaniale in assegnazione nei termini di tutela ambientale e sviluppo del turismo sostenibile.
L’interesse pubblico alla tutela dell’Ambiente costiero deve fondersi con la necessità di salvaguardia di decine di migliaia di imprese del settore che pur rappresentano una risorsa nazionale, nel rispetto delle aspettative degli operatori, delle norme europee e dei principi di tutela dell’Ambiente.