Cominciano a destare una certa preoccupazione, dopo la delocalizzazione della Honeywell di Val di Sangro, le tensioni di TE Connectivity, Pilkington e Denso. In tutti i casi si tratta di multinazionali con il cervello decisionale altrove. Una domanda cruciale: con quali logiche deciderà il loro management? Partiamo dalle questioni evidenti, anche per l’uomo della strada.
Le questioni
Costo del lavoro: 28 euro in Italia, 8 in Serbia. Qui c’è poco da aggiungere, tutte le “ingiustizie” su cui dibattere passano alte sulle nostre teste.
Contribuiti pubblici per le imprese: rispetto a 20 anni fa le risorse sono ridotte all’osso e molto più difficili da attrarre. Anche qui c’è ben poco da fare, e comunque abbiamo visto come gli incentivi (es: i contratti di solidarietà) possano non bastare.
Infrastrutture: alcuni esempi sul gap infrastrutturale sono la carenza dei collegamenti stradali, le cattedrali nel deserto (autoporto di San Salvo), i collegamenti rimasti a decenni fa con il porto di Vasto come con l’adduttore che porta l’acqua del Trigno in zona industriale.
L’incidenza della politica: da troppi anni si sente dire che manca una personalità forte come quella di Remo Gaspari. Ma forse più che l’assenza di politici di razza è cambiato proprio lo scenario e la capacità d’incidere della politica rispetto all’economia, e forse non solo nel nostro paese. Tuttavia, non è ovunque uguale, anche nella nostra regione ci sono differenze abbastanza evidenti tra zona e zona.
Collegamento scuola-lavoro: anni fa ha chiuso i battenti l’unica scuola professionale presente sul territorio: il Centro Professionale dei Salesiani. Quasi un paradosso se la provincia di Chieti conta l’83% degli addetti – rispetto all’intero Abruzzo – che operano nel settore dell’automotive. Sembra quasi autolesionismo. Sulla necessità di figure specializzate ha parlato qualche giorno fa Milena Gabanelli sul suo DataRoom su Corriere.it. Lo scenario sembrerebbe disastroso, invece ci sono preziose opportunità sfruttabili da subito.
Le opportunità
Industria 4.0: senza abusare dello slogan che va per la maggiore, la rivoluzione industriale che possiamo affrontare sembra fatta proprio per noi italiani capaci di ingegno, di trovare soluzioni a problemi apparentemente irrisolvibili. Il distretto industriale di Vasto-San Salvo – e tutta la provincia di Chieti – è arricchita dalle industrie sopra citate e dai rispettivi indotti; piccole imprese potenzialmente capaci di flettere il proprio modello di business ai nuovi paradigmi dell’industria 4.0 per trarne benefici di mercato. Ed alcune hanno già iniziato questo processo di innovazione.
La formazione finanziata: se il rubinetto degli incentivi a pioggia sembra esaurito, quello della formazione invece è aperto, ed è proprio indirizzato allo sviluppo delle innovazioni in area industria 4.0. Questo bando sui Competence Center – ad esempio – finanziava le reti d’imprese con la finalità di “produrre l’orientamento e la formazione delle imprese (in particolare Pmi) e l’attuazione di progetti di innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale in ambito 4.0”.
Progetti di ricerca e sviluppo: anche qui esiste la possibilità di trarre beneficio da incentivi del MISE; qui non si tratta di un bando ma di una misura – per dirla con semplicità – sempre disponibile sulla Ricerca & Sviluppo. Molte imprese svolgono già – alcune sistematicamente – iniziative di Ricerca & Sviluppo. L’opportunità sta nel fatto che chi non la fa può cominciare, e chi la fa già potrebbe spingere sull’acceleratore, raddoppiando gli investimenti. Dunque, quali potrebbero essere le soluzioni? Nessuno porta in tasca una ricetta pronta all’uso per le complesse questioni di cui si parla. Uno spunto, forse visionario, potrebbe essere quello di gettare le basi per una nuova “infrastruttura umana”. Spiego meglio.
Le soluzioni
Fare rete: le opportunità descritte sopra difficilmente possono essere colte – in solitudine – dalla grande o dalla piccola impresa. Fare rete abilita il vero cambiamento di un indotto, di una filiera verticale o orizzontale. Fare rete necessita la disponibilità di luoghi, di una cultura favorevole al Cambiamento, al passo indietro di tutti per fare (tutti) tre passi avanti, un ambiente in cui nasce e cresce rigogliosa la formazione delle persone. In questi giorni Assovasto, con il suo Presidente Dassori, propone di rinsavire il Patto Trigno Sinello, ma cosa dovrebbe fare oggi un patto territoriale, dato che il mondo rispetto a 20/30 anni fa è un altro? Conviene riattivare un carrozzone oppure per i prossimi vent’anni serve un automobile che guida da sola?
Formazione post diploma: un ITS sulla meccanica c’è, ma è a Lanciano e produce poco più di 20 tecnici all’anno. Perché non attivare un’ulteriore ITS sull’area Vasto-San Salvo per coprire meglio i distretti industriali abruzzesi? O attivare una sede aggiuntiva sul territorio di Vasto-San Salvo dell’ITS sulla meccanica? Sarebbe un messaggio chiaro verso le aziende alle prese con le questioni dovute alla difficile ricerca di personale qualificato. Il messaggio di un territorio che crea concretamente condizioni favorevoli per una valida cultura industriale.
Collegamento scuola-lavoro: con l’avvento dell’alternanza scuola-lavoro – prevista dalla legge 107 – istituti e imprese vicine si sono trovati davanti ad un problema con due facce: dove mandiamo gli studenti (gli istituti)? Le imprese: abbiamo tempo da dedicare agli studenti? E così la confusione sul futuro dei giovani non può che persistere, altro che “orientamento”. Mentre ci sono già iniziative di associazioni e piccole reti d’imprese che operano con l’obiettivo di tramutare un problema in un’opportunità, che cercano di collegare virtuosamente il mondo del lavoro con quello delle professioni, in logica win-win. Occorre dare respiro e coraggio ad iniziative che mirano a collegare i due mondi, perché altrove (in Germania ma non solo) già succede da anni.
Far crescere un fornitore che investe su di sé: l’attrattività di un territorio è data anche dalla presenza di buone imprese a km zero. Se da una parte la grande impresa locale può scegliere liberamente una ditta vicina o una che viene da Milano, questa scelta può fare differenza a lungo termine, arricchendo o impoverendo il territorio. Certamente l’innesco sta in mano alla piccola impresa locale che deve investire su se stessa per essere preferita (per costi, qualità, fiducia, assistenza ecc.) al competitor che viene da Milano. Alla grande si chiede solo fiducia e criteri meritocratici, in ragione alla propria convenienza.
E’ anche da qui che occorre ripartire per avere, tra 5/10 anni:
? un territorio in cui sono ancora insediate le grandi imprese oggi in tensione
? un tessuto circostante fatto di piccole imprese capaci di servire con eccellenza le grandi
? una collettività fatta di studenti, delle loro famiglie e di cittadini, che rema a favore degli interessi di tutti: dell’industria e del personale che vi lavora.
La presenza di una nuova “infrastruttura umana”, probabilmente, renderebbe possibili i cambiamenti che oggi sembrano irrealizzabili alle nostre imprese. E infine potrebbe mettere in crisi un consiglio d’amministrazione che a Boston, negli States, tra i punti che deve discutere, ha la delocalizzazione di un’industria presente in Abruzzo. In fondo qui da noi c’è un ottimo clima, un bellissimo mare, e si mangia pure divinamente. Elementi, questi, per fortuna rimasti immutati dall’avvento dell’ultima grande crisi, ma ormai insufficienti. Occorre un colpo di reni positivo, vincente e forse ambizioso, rimettendo le persone al centro. Una sfida da affrontare a viso aperto, con tutti gli organi e gli strumenti di cui disponiamo.