A marzo sono riprese le esplorazioni dell’acquedotto romano delle Luci da parte degli archeo-speleologi della cooperativa Parsifal [LEGGI], Marco Rapino e Fabio Sasso. Un’iniziativa volontaria, in accordo con il Comune di Vasto e la Sovrintendenza, per riportare al centro dell’attenzione la necessità di completare lo studio della preziosa opera sotterranea costruita dai romani per garantire l’approvvigionamento idrico della città ma lasciata all’abbandono da alcuni decenni. Dai primi studi e dalle prime ricognizioni sotterranee si evidenzia come molti degli oltre 50 pozzi siano stati chiusi o distrutti, causando interruzioni nel percorso dell’acquedotto con tutto ciò che ne deriva in termini di dissesto idrogeologico.
[ads_dx]Ed è proprio in questa direzione, oltre che sulla valenza storico-artistica di quest’opera, che si concentra l’attenzione di Parsifal e di Italia Nostra del Vastese che, la scorsa settimana, hanno presentato i risultati di questa prima fase di studio ed esplorazione compiuta nei mesi scorsi. Gli studi fatti nel corso degli anni vengono così ad arricchirsi di nuove informazioni ma, come ha sottolineato Davide Aquilano, responsabile di Parsifal e di Italia Nostra del Vastese, sarebbe fondamentale recuperare l’acqua che scorre nell’acquedotto per averne benefici e, soprattutto, evitarne la dispersione nel sottosuolo. “Si fanno tanti progetti per il dissesto del costone orientale ma non ci si preoccupa dell’acqua che si disperde nel sottosuolo proprio in quel tratto”. E poi c’è la valenza turistica, con la possibilità di accedere nell’acquedotto così come già avviene nella vicina San Salvo.