L’Italia, si sa, è un Paese che si dichiara per lo più cattolico e, immancabilmente, a Natale e a Pasqua, folle di (mis)credenti si riversano nelle chiese. Fin qui poco male, anzi bene, visto che un Dio che si fa uomo, nasce, muore e sconfigge la morte per amore dell’uomo merita, come minimo, un grazie da parte nostra, se ci crediamo davvero.
Il problema è che le chiese, purtroppo, stanno diventando sempre più luoghi dove dar sfogo alla nostra ipocrisia e nelle celebrazioni liturgiche solenni, come la messa di Natale o di Pasqua, la cosa risulta più evidente che mai.
Gente che arriva in chiesa a messa pressoché finita, ma in pace con se stessa per aver “timbrato il cartellino”. Persone col telefonino perennemente in mano, in connessione continua col web, non certo con Dio. Squilli di cellulare che si ripetono durante tutta la messa, avendo il loro apice durante la consacrazione, con tanto di signora che ci mette cinque minuti a ripescare il suo telefonino squillante dalla borsa o di efficiente signore che, rispondendo alla chiamata, dice ad alta voce: “Scusa, qui non ti sento bene. Ora esco dalla chiesa”.
Non parliamo poi dei tanti che, come Cenerentola a mezzanotte, arrivati ad una certa ora, devono lasciare la messa, vuoi perché il pranzo è pronto, vuoi perché c’è l’amico che aspetta in piazza, vuoi perché è meglio rimuovere la propria auto dal parcheggio prima che escano tutti gli altri.
La storia potrebbe allungarsi di molto se ci mettessimo a parlare di quelle coppiette che in chiesa non hanno mai messo piede, ma il matrimonio è un’altra cosa: vuoi mettere l’atmosfera romantica che una chiesa conferisce alla festa e l’effetto scenografico in fotografia?
È vero che nella società in cui viviamo l’ipocrisia è ormai diventata uno stile di vita, ma almeno con Dio sarebbe il caso di toglierci la maschera. Nessuno ci obbliga ad andare in chiesa. Se ci andiamo, facciamolo perché in Dio crediamo veramente, altrimenti, come ha detto più volte Papa Francesco, “meglio essere atei che cattolici ipocriti”.