Via libera all’uso della tecnica dell’air gun nel mar Adriatico. È quanto stabilito dal Consiglio di Stato che ha respinto i ricorsi presentati dalla Regione Abruzzo, dalla Regione Puglia, dalla Provincia di Teramo e alcuni comui della costa contro il ministero dell’Ambiente e la società Spectrum Geo Lfd. Le sentenze pubblicate nei giorni scorsi danno quindi l’ok alla ricerca di gas e petrolio al largo della costa adriatica dall’Emilia Romagna fino alla Puglia. Le due istanze risalgono al 2011 e riguardano principalmente due aree: la d1 BP SP di 13.700 chilometri quadrati, da Rimini a Termoli, e la d1 FP SP di 16.210 chilometri quadrati, da Rodi Garganico a Santa Cesarea Terme.
Secondo le Regioni e gli enti locali che presentarono il ricorso, la tecnica dell’air gun avrebbe un impatto negativo sui cetacei e gli altri organismi marini. Questa consiste nell’uso della pressione dell’aria per causare piccoli sommovimenti nel sottosuolo captando i segnali dell’eventuale presenza di gas o petrolio.
“DUE PESI E DUE MISURE” – Su questo punto il Forum H20 Abruzzo con Augusto De Sanctis fa notare come la stessa tecnica abbia portato alla bocciatura di altre istanze in Sicilia e Sardegna: “Il ministero ha sottovalutato il problema soprattutto in Adriatico e nello Ionio, avendo invece bocciato proprio per l’impatto su cetacei e altri organismi mariniPer o diverse istanze nel canale di Sicilia e in Sardegna, e usando, quindi, clamorosamente due pesi e due misure”.
[ant_dx]“Continuare a puntare sulla ricerca degli idrocarburi in Adriatico non è un errore, è pura follia – dichiara invece il presidente del Consiglio regionale della Puglia, Mario Loizzo – È una tecnica che può fare solo danni e noi non ci possiamo permettere di fare del male ai nostri mari. Non dobbiamo mettere a rischio la bellezza straordinaria di oltre 800 chilometri di coste pugliesi, ne va della nostra economia: il turismo, la pesca, il diporto nautico non avvelenano nessuno”.