Sono anni che ascoltiamo l’eterna questione: l’Abruzzo ha le carte in regola per vivere anche di turismo. Perché non succede? Ora, ognuno può dire la sua. E ognuno avrebbe oltretutto ragione, siamo o no nell’era della “verità soggettiva”?
E’ tuttavia innegabile che se vedo un uomo andare sulla luna, significa che la luna è raggiungibile, dunque una via per fare turismo d’eccellenza esiste?
Per non morire di speranza, abbiamo bisogno di conoscere storie di successo, per questo oggi ti racconto la storia di Palazzo Tour D’Eau, una delle imprese abruzzesi che ha raggiunto l’eccellenza. Ne parliamo con il fondatore, Massimo Criscio, che ospita tra Carunchio e altre località limitrofe turisti americani, canadesi, australiani e di altre zone del globo.
Secondo te l’Abruzzo ha le carte in regola per vivere anche di turismo?
Quando penso all’Abruzzo penso ad una startup che deve ancora giocarsi tante carte.
Il potenziale secondo me è enorme, ma occorre spostarsi da una posizione passiva, della serie investo poco e continuo a raccogliere quello che arriva, ad una attiva, in cui gli investimenti determinano una crescita che è naturale. Basterebbe fare il minimo indispensabile, ma occorre farlo bene.
Cosa significa “farlo bene”?
Significa muoversi come “destinazione turistica” e non come singolo operatore, investendo sulla base di una programmazione annuale, triennale e anche decennale.
Si genera così un effetto moltiplicativo e positivo per tutto il territorio.
Fare bene può significare anche ragionare in termini di prodotto.
Pensa al Trentino, e facilmente pensi alle mele, alle mucche e allo speck. Si può lavorare per costruire un messaggio forte che posiziona una destinazione. Loro ad esempio l’hanno fatto, ovviamente insieme, remando nella stessa direzione credendo ad un progetto a lungo termine.
Un altro esempio interessante riguarda le Cinque Terre che, dopo un posizionamento durato qualche anno, ora lavorano moltissimo con il turista cinese. E tu quando hai pensato di occuparti di turismo?
Non era una scelta obbligata, il mio background era nel marketing internazionale, ho studiato negli Stati Uniti e ho cominciato a lavorare li nel settore del food.
Nel 2002 mio padre acquistò un palazzo a Carunchio, ma non sapeva cosa farci e la voglia di tornare in Italia e di mettermi in gioco fu decisiva. Nel 2005 è iniziato lo startup, l’avventura di Palazzo Tour D’Eau.
Provi passione per il lavoro che fai?
Si, ed è un ingrediente importante che ti da quella spinta preziosa proprio quando vivi momenti di difficoltà che sono naturali nel fare impresa.
Hai raggiunto i tuoi obiettivi?
Il mio obiettivo era vivere bene e guadagnare bene.
I primi due anni sono stati tosti, molto tosti. Se sono andato oltre gli obiettivi posti, è grazie al lavoro, agli sforzi, alla dedizione, mettendo le mani in pasta oltre ad occuparmi del marketing, arrivando ad essere profittevole già dal terzo anno, per arrivare il quinto anno alla massima saturazione della struttura. Successivamente ho esteso l’attività coinvolgendo altre strutture su Termoli.
Che importanza dai alla soddisfazione del cliente?
La soddisfazione del cliente è essenziale [ndr: attimi di silenzio quasi religioso], è la prima cosa, l’elemento più importante. Cerchiamo di sorprenderli presentandogli un nuovo concetto di ospitalità. Cose semplici, intendiamoci, ottima ospitalità, ottimo cibo, amicizia e massima cura.
Senza improvvisazione, ma in modo sistematico, a garanzia della soddisfazione del cliente, appunto.
Poi, grazie all’esperienza che accumuli, come ogni operatore turistico, scopri dei “pulsanti emozionali” che puoi usare in base al target. L’inglese, il nord-americano, l’australiano amano cose differenti, per emozionarlo devi saperlo e devi usare “pulsanti” differenti.
Parliamo di Internet, ma stavolta del suo lato oscuro, del fenomeno della “desruption” che fagocita e muta interi settori merceologici come ad esempio il turismo, vedi Booking.com, Tripadvisor, Airbnb ecc. Quanto ha inciso questo fenomeno sulla tua attività?
Poco perché il nostro mercato è orientato alla nicchia. Della grande torta dei potenziali clienti, facile da inquadrare e da corteggiare, a noi interessano le briciole. Guardiamo con chiarezza quel 2/3% che cerca qualcosa di speciale. Questo approccio [ndr: un piano marketing] ci ha messo al riparo dalla guerra dei prezzi imposto dalla desruption di cui parli.
Dunque Internet ha facilitato o no la tua attività?
Internet come canale di comunicazione, certamente si. Lo usiamo con professionalità su scala mondiale per cercare e per dialogare con la nostra nicchia!
Che supporto hai ricevuto dagli enti pubblici (comuni, regione) e para-pubblici (Patti, Poli, DMC)?
Nessun supporto, ma non voglio andar giù pesante solo perché ho l’occasione di parlarne con te.
Per evitare di generalizzare, puoi essere più preciso?
Spesso manca competenza, capacità di programmare, di gestire e far aggregare. Così passa un messaggio sbagliato che limita anziché aiutare. Dovremmo essere incentivati a promuovere un territorio, una destinazione, un prodotto, e solo di conseguenza ottenendo benefici per la nostra attività. Nelle nostre azioni di promozione si parla di mozzarelle, Montepulciano, trabocchi, magari senza mai dire “venite in vacanza da noi”. Quest’ultima, è solo una semplice conseguenza!
Tornando al supporto di enti e sistemi, se per ottenere un beneficio devi aspettare tempi incompatibili per la tua attività e rispettando cavilli complicati e bloccanti, è semplicemente meglio farne a meno!
Cosa consigli ad un ragazzo che ha un’idea di startup nel settore turistico?
Di non mollare alle prime difficoltà.
Intanto ci vuole un pizzico d’incoscienza, ma senza un business plan [ndr: un documento in cui sono definite le caratteristiche importanti come l’idea di business, il mercato e i prezzi, la produzione, il marketing ecc.] non si va lontano. Occorre scriverlo, e non in funzione di ottenere fondi da un bando, ma per progettare lo sviluppo del business e soprattutto per monitorarlo! Poi puoi rivederlo e correggerlo, ma devi poter capire cosa va bene e cosa va male, cosa dipende da te e cosa sta succedendo nel mondo esterno. Un buon business plan ti dà il coraggio di porti degli obiettivi, e se vai più forte ti restituisce l’impagabile soddisfazione di averli superati.