Un’inaugurazione che col passare del tempo sembra essere stata sempre più avventata. È quella del CelenzAvventura Park, avvenuta nel luglio 2015 per poi lasciare spazio a due anni di inoperatività di una potenziale attrazione per un vasto territorio grazie alla posizione strategica tra due regioni.
L’aveva detto Sandro D’Ercole, legale rappresentante della Delphinia Srl di Scerni che gestisce il sito e ora lo suggerisce di nuovo l’attuale maggioranza guidata dal sindaco Walter Di Laudo.
Un’articolata nota inviata dal consigliere Luca Felice a zonalocale.it a nome del proprio gruppo ricostruisce la vicenda in seguito all’articolo di qualche giorno fa [LEGGI] chiamando in causa l’ex sindaco Andrea Venosini. In particolare, la nota si concentra sulla presunta “dimenticanza” dell’ufficio tecnico (così come citata dallo stesso, interpellato sull’argomento): “chi in quei periodi aveva la responsabilità dell’ufficio tecnico era cosi sprovveduto da rilasciare agibilità senza requisiti? Era davvero loro volontà? Hanno voluto così fortemente il funzionamento di questa struttura fino al punto di rischiare in prima persona?“.
STRUTTURA FERMA – “Certamente il gestore ha ogni ragione a voler polemizzare sulla questione – si legge – polemica rivolta più contro l’ente regionale che nei confronti del Comune, ma di tutto questo né il sindaco attuale né l’amministrazione comunale con tecnici annessi, ha responsabilità sull’odissea burocratica che si è abbattuta su di lui. Il parco, come giustamente ricordato, venne affidato dopo svariati avvisi pubblici andati deserti, avvisi pubblicati ancora in fase di realizzazione della struttura, fino all’ultimo tentativo, dove, l’unico partecipante prese in carico la struttura nella condizione in cui era stata realizzata e sottoscrivendone il relativo contratto.
Non sta a noi giudicare chi o cosa non ha funzionato, di questa storia, l’attuale amministrazione sa solamente di avere una struttura ferma e in contemporanea l’impegno e l’onere di risolvere la spinosa questione supportando il gestore in questa travagliata situazione. Queste fasi, sinteticamente descritte, si svolsero prevalentemente in assenza del tecnico comunale titolare, al contrario di quella di revoca dell’agibilità, non ci permettiamo di entrare nel merito della questione, ma alcune domande ci vengono spontanee: chi in quei periodi aveva la responsabilità dell’ufficio tecnico era cosi sprovveduto da rilasciare agibilità senza requisiti? Era davvero loro volontà? Hanno voluto così fortemente il funzionamento di questa struttura fino al punto di rischiare in prima persona?”.
[ant_sx]IL MUTUO – Secondo la maggioranza celenzana, le 58mila euro provienenti dallle casse comunali (che si sono aggiunte ai 102mila euro da fondi Pit) sono frutto di un mutuo “uno dei tanti dell’ex sindaco, che raggiunge una quota di interesse del 5,5%, una follia, per minimizzarla ad una svista, ad una leggerezza. Troppo semplice definirla una svista, troppo comodo, ma ai più attenti non sfugge certamente questa sottigliezza, non è sfuggita neanche alle persone che lo hanno sfiduciato, che possono ancora ripetere e dire anche di più sulla triste vicenda”.
LA CARTELLONISTICA – “Molto altro – continua la nota – avrebbero da dire anche le associazioni ambientaliste che si adoperano sul territorio pubblicizzando itinerari e percorsi tramite i loro canali. Purtroppo la parte dei fondi dedicata alla sentieristica, quella che lo stesso ex sindaco definisce marcescente, è stata realizzata in maniera minimalista e alquanto approssimativa, sempre per la presunzione di procedere caparbiamente da solo rifiutando gli aiuti offerti al fine di realizzare indicazioni e percorsi in maniera adeguata e completa”.
IMPEGNO PER IL FUTURO – “L’attuale amministrazione – conclude la maggioranza di Celenza sul Trigno – non vuole assolutamente entrare in polemica, ma il popolo deve sapere, deve conoscere perché si è fatto uso di denaro pubblico. Quello che possiamo rimarcare è che l’amministrazione si sta prodigando perché questo sperpero perpetrato ai danni dei cittadini celenzani e non, avendo goduto anche di fondi Pit, possa cambiare direzione e dare i sui frutti, certamente supporteremo il gestore, che suo malgrado debba ottemperare ai propri oneri nei confronti dell’ente in maniera regolare (il contratto prevede un canone annuo di 5mila euro, ndr), non essendoci un atto pubblico che cambia le regole sottoscritte a suo tempo, sicuramente non sarà di ostruzione se il gestore dovesse non avere la forza per regolarizzarsi e quindi volersi avviare ad una rescissione bilaterale del contratto scellerato che si vide presentato”.