Mentre l’Europa si arrovella ed arrabatta circa la gestione di un fenomeno epocale, quale quello dell’immigrazione dai Paesi africani, c’è chi, concretamente, s’impegna per cogliere, dalla nuova realtà, occasioni di crescita per la propria economia.
Semplificando, anche oltremodo, potremmo dire che, mentre c’è chi di chiacchiere e polemiche ne fa tante, c’è invece chi si rimbocca le maniche ed in Africa ci va per fare affari e per il proprio tornaconto. Si parla della Cina, che, da qualche anno, prosegue indisturbata nella conquista del continente nero.
Che la cosa stesse prendendo velocemente piede l’Europa e l’Occidente se ne sono sicuramente accorti ma le loro lamentazioni non sono state sufficienti a fermare il drago rosso d’oriente che, incarnatosi nelle fattezze del portavoce del Ministero degli Esteri cinese Lu Kang, ha replicato: “Il concetto di colonialismo non esiste nella politica estera cinese, né nella sua filosofia diplomatica. Quello che unisce i popoli cinese e africano è stata la battaglia del continente africano contro il colonialismo europeo che è all’origine della povertà, delle turbolenze e di alcuni conflitti nell’Africa odierna”. Tutto chiaro, no?
La Cina è il miglior partner dell’Africa e le sue multinazionali hanno redatto un piano di investimenti da oltre 60 miliardi di dollari, un piano di conquista che prevede infrastrutturazioni, delocalizzazione di mano d’opera e produzioni, in cambio di risorse naturali. Pechino, in Sudan, controlla il 40% delle attività petrolifere. Ancora un esempio: il 60% del cobalto mondiale proviene dal Congo (Repubblica democratica del Congo) ed il 90% di questo viene trasferito in Cina. Un gran numero di Africani di ogni età (si stimano 40.000 ragazzini), con pale e picconi e per due dollari, lavorano 12 ore al giorno, mentre i capo cantiere cinesi sovrintendono. I governi africani, che sono quel che sono in tema di diritti da far rispettare, non interferiscono ed il principio di libertà trova espressione nella libertà della Cina di prosperare, a tutto danno del popolo africano e con buona pace delle associazioni umanitarie internazionali.
La… Campagna d’Africa cinese non tralascia certo l’aspetto militare ed infatti il Drago Rosso è proprio lì che ha posizionato ingenti unità militari impegnate in operazioni peacekeeping (mantenimento della pace) per conto dell’Onu; combattono in Mali e Sud Sudan a protezione dei propri investimenti ma anche in Nigeria, Paese in cui le truppe tutelano la stabilità governativa, alimentando il sempre fiorente mercato degli armamenti.
I Cinesi son tanti ed oggi ben visibili nei Paesi africani, luoghi in cui hanno insediato i loro casinò, negozi, case, cibo e prostitute ma anche realizzato linee petrolifere, ospedali e fabbriche. E’ così che la Cina, di fatto, sta annettendo l’Africa, in modo costante e pianificato. Questo è quel che accade nel continente nero mentre, nei piani di studio dei corsi di lingua straniera delle Università cinesi, vengono inserite più lingue africane. Difficile che siano gli Africani ad imparare il Cinese, comunicare nella lingua del posto facilita certo la strategia d’occupazione, oltre a consentire il dialogo in lingue che non siano né il Francese né l’Inglese: “Usare l’Inglese e il Francese significa perpetuare l’egemonia delle potenze coloniali”, spiega Sun Xiaomeng, preside della scuola di studi Asiatici e Africani di Pechino. Tutto chiaro, no?
E’ la nuova globalizzazione, quella che proietta la Cina a diventare, nel tempo, predominante negli equilibri internazionali, laddove, con nuovi ruoli economici e strategici, si mira all’accaparramento delle risorse energetiche e delle materie prime. In ogni aspetto economico di molti Paesi africani, la Cina mira a diventare egemone, soprattutto in quelli con il maggior potere di acquisto rispetto ad altri: Sudafrica, Nigeria, Egitto, Marocco ed Algeria.
Insomma, è attraverso l’occupazione dell’economia africana che la Cina punta a diventare la potenza mondiale di riferimento contro le aspirazioni di globalizzazione economica delle vecchie ed in parte decadenti potenze d’Europa.
C’è ancora chi ricorda la rivoluzione culturale comunista di Mao Tse-tung ed il suo Libretto Rosso? Mao nemico dei proprietari terrieri, degli uomini d’affari, dell’imperialismo occidentale, alleato dei contadini impoveriti e dei lavoratori? Una intera generazione occidentale è cresciuta nell’ammirazione di questi principi ed oggi è proprio la Cina comunista ad utilizzare strumenti capitalistici e metodi d’occupazione colonialista.
L’Europa? L’Europa sta a guardare stelle e… strisce però dell’Africa coglie anch’essa le “risorse”, quelle che, senza piano d’investimento alcuno, giungono a cercar lavoro e benessere, fuggendo, magari, dallo sfruttamento economico cinese dei loro Paesi d’origine.