Caterina Basso ha 25 anni ed è di San Salvo. Con in tasca una laurea in Scienze dell’educazione, conseguita all’Università D’Annunzio di Chieti, due anni fa ha fatto le valigie ed è partita per la Polonia. La sua esperienza, a quasi duemila chilometri da casa e da quella che chiama “la zona di comfort”, si identifica con un acronimo: Sve, Servizio volontario europeo. E le è servita a trovare il suo primo lavoro.
[ads_dx]Perché hai deciso di fare questa esperienza all’estero?
“Tre anni fa prima di discutere la mia tesi di laurea, ho iniziato a sentire il bisogno di fare nuove esperienze, di mettermi in gioco – e perché no? – anche di viaggiare da sola. Avevo voglia di uscire dalla cosiddetta zona di comfort, quella che molti di noi non vogliono o non sono disponibili ad abbandonare per comodità o, semplicemente, perché ci fa sentire in un porto sicuro. Avevo voglia di scoprire me stessa, i miei punti di forza ed i miei limiti. Le paure e le preoccupazioni non erano poche, ma la voglia di esplorare, apprendere e creare è sempre stata maggiore”.
Di cosa ti sei occupata nella tua prima esperienza all’estero?
“La mia prima esperienza all’estero è iniziata a settembre 2015, partecipando ad un progetto della Comunità Europea, chiamato (SVE) Servizio Volontario Europeo per la durata di sei mesi in un villaggio nel Sud della Polonia molto piccolo, in cui il tempo sembra essersi fermato diversi anni addietro. Il mio progetto consisteva nell’organizzare attività in lingua inglese all’interno di una scuola che racchiudeva elementari e medie. La considero una tra le esperienze più belle della mia vita, perché mi ha permesso di convivere con diverse culture e di attraversare tante realtà, molte volte anche piuttosto tristi”.
Perché hai deciso di restare in Polonia per tanto tempo?
“Perché, come dico sempre, è un Paese che si sta sviluppando molto, in cui l’economia è in piena crescita nei grandi centri, come la capitale Varsavia, in cui vivo. La Polonia è un paese che crede e punta molto sui giovani. Qui è possibile ricoprire posizioni lavorative per quello che si vale, a differenza del nostro Paese. E’ difficile spiegarlo ma, dopo quasi due anni, questa nazione la sento un po’ più vicina a me, nonostante la distanza che mi separa da casa e le difficoltà, o differenze, che quotidianamente s’incontrano. La diversità più ardua per me rimane sempre il freddo: abituarsi ai –20 gradi che in inverno si toccano”.
Quale attività svolgi attualmente?
“Attualmente lavoro all’interno di una scuola per l’infanzia bilingue, situata in un quartiere che rappresenta il motore dell’economia Polacca. Mi occupo dell’ insegnamento della lingua Inglese in una classe di bambini di tre anni. Gli alunni sono metà polacchi e metà di altre nazionalita`. Questa scuola è una realtà che mi piace molto, perché non solo permette ai bambini di approcciarsi alle lingue attraverso attività laboratoriali e ludico-ricreative, ma dà loro la possibilità di avere insegnanti provenienti da varie parti del mondo, come Nigeria, Brasile, Canada, Spagna, India”.
Hai svolto attività di volontariato a Vasto nell’associazione Ricoclaun. Cosa ti ha insegnato quell’esperienza?
“Si, ho fatto parte dell’associazione Ricoclaun di Vasto di Rosaria Spagnuolo. L’esperienza di clown terapia è sempre un ricordo molto forte e bello che porto dentro di me, perché mi ha permesso di capire quanto, tante volte, con qualcosa di molto semplice possiamo cambiare lo stato d’animo di qualcuno”.
Consiglieresti ai tuoi coetanei un’esperienza lavorativa nell’Est Europeo?
“La consiglio sempre, perché è un qualcosa di molto costruttivo che ti permette anche di scoprire te stesso, i tuoi punti di forza e debolezza. Un’esperienza nell’Est Europa anche, perché no? So che, attualmente, agli occhi di molti questo territorio è ancora sconosciuto e pieno di stereotipi. Sono consapevole del fatto che partire per l’estero non sia per tutti, occorre rimboccarsi le maniche. Non puoi contare su nessuno. Soprattutto agli inizi la nostalgia e le difficoltà possono prevalere, quindi bisogna essere convinti di partire. Io mi ritengo soddisfatta ma, ancor più, molto
fortunata ad avere due genitori alle spalle che mi hanno sempre supportato, anche quando, agli occhi di molti altri genitori, i miei piani sono parsi abbastanza folli e poco responsabili. Personalmente, ripartirei altre mille volte”.
Dove vedi il tuo futuro? In Italia, o all’estero?
“Non lo so ancora. L’Italia per me significa tanto: è il Paese in cui ci sono i miei affetti più cari, il paese di cui sono e sarò eternamente innamorata. Forse, un giorno, sarebbe bello tornare potendo mettere in pratica tutto quello che qui sto imparando. Credo nel detto: ‘Impara l’arte e mettila da parte’, ma attualmente suona bene anche quello del ‘nessuno è profeta in patria’“.