Come vanno le cose? Vanno meglio? Vanno peggio? Nel termine “cose”, ognuno racchiude ciò che ha più a cuore, a seconda delle proprie aspirazioni. Dalla speranza nella vittoria (o sconfitta…) della Juventus in Champions league a quella in un’ottima occasione di lavoro; da quella in una buona assistenza sanitaria alla prospettiva di una bella giornata per andare al mare.
A volte le “cose” appaiono andare nella direzione auspicata, fino a far intravedere, sullo sfondo, una realtà migliore. E’ una vocazione quella di vivere una realtà migliore e ci si predispone, con naturalezza, ad accoglierla il prima possibile; niente e nessuno può togliere, quantomeno, la speranza; neanche quando sembra proprio non essercene più.
Negli anni tra il 2008 ed il 2016, 509.000 Italiani si sono cancellati dall’anagrafe per trasferirsi all’estero per motivi di lavoro. Lo dice, per il tramite ANSA, il rapporto dell’Osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro. La metà si è trasferita in Germania, gli altri in Gran Bretagna, in Francia e così via. Da uno sguardo ai flussi migratori interni, apprendiamo che 383.000 persone sono andate via dalle regioni del Sud Italia per riposizionarsi in 273.000 al Nord ed in 110.000 al Centro.
Nell’anno ricompreso tra il maggio 2016 ed il maggio 2017, la Guardia di Finanza fa sapere che l’IVA evasa accertata ha subito un aumento del 300%, passando dai 900 milioni ai 3,5 miliardi; i casi di evasione fiscale sono in aumento del 67%, tra residenze fittizie, occultamento di patrimoni e disponibilità all’estero compiute al solo fine di portare oltreconfine i redditi realizzati in Italia.
L’ISTAT ha reso noto che, in Italia ed a fine 2015, i residenti sono stati 60 milioni 665.551, di cui più di 5 milioni stranieri, una diminuzione per la prima volta in 90 anni: il saldo complessivo è negativo per 130.061 unità. Il calo riguarda esclusivamente la popolazione di cittadinanza italiana con 141.777 residenti in meno, mentre la popolazione straniera aumenta di 11.716 unità. Dal 2008, continua la diminuzione delle nascite: i nati sono meno di mezzo milione di cui circa 72mila stranieri (14,8% del totale). I decessi sono stati oltre 647 mila, quasi 50 mila in più rispetto al 2014. Non si ferma il trend di invecchiamento della popolazione residente: l’età media è oggi di 44,7 anni. Il movimento naturale della popolazione ha fatto registrare un saldo (nati meno morti) negativo per quasi 162mila unità. Il saldo naturale è positivo per i cittadini stranieri (quasi 66 mila unità), mentre per i residenti italiani il deficit è molto più ampio e pari a 227.390 unità.
Cosa accade nel mondo del lavoro della regione Abruzzo? Nella elaborazione dell’economista Aldo Ronci dei dati pubblicati dall’ISTAT di questo mese di giugno, tra il quarto trimestre 2016 e il primo trimestre 2017, periodo limitatissimo quindi, gli occupati in Abruzzo hanno registrato una flessione di 18.000 unità, la peggiore degli ultimi 10 anni: -3,7%, molto superiore al dato nazionale che ha segnato una diminuzione dello 0,4%. Dei 18.000 che hanno perso il lavoro, 6.000 i dipendenti e 12.000 gli autonomi. Questi dati pongono l’Abruzzo al terz’ultimo posto della graduatoria nazionale.
Considerato il mese in cui sviluppiamo queste riflessioni, il pensiero va a chi sta sostenendo l’esame di maturità in questi giorni. Sono ragazzi di 19 anni che non hanno frequentato tempi migliori (o meno peggiori) e per i quali questa è l’unica realtà conosciuta, la realtà nella quale dovranno immergersi immediatamente o, considerando la tendenza, subito dopo la dilazione concessa dal periodo universitario.
Tante, per loro, le prospettive possibili, dall’entrare in Seminario allo stabilire, subito, contatti con l’Estero. Nel mezzo, la necessità, direi l’obbligatorietà, del compimento di un grande sforzo per un salto culturale che cancelli le effimere e più comode soluzioni benevolmente offerte ed indotte, magari, dalla precedente generazione; una… capriola con cui forzare persino la propria indole, individuando attività di lavoro di ampia prospettiva nel nuovo terziario avanzato e nell’industria del 4.0 (prima che diventi 5.0…).
E’ sempre più indispensabile almeno annusare la realtà e le sue prospettive. La realtà, però, può “essere” o “apparire” e le variabili nel calcolo di chi vuol conoscere la realtà “vera” sono tantissime, da quelle personali a quelle oggettive. In definitiva, della realtà si ha la “percezione”, quasi mai la verità. In una società organizzata, che le “cose” vadano bene o male, dipende spesso da come esse vengono percepite ma, soprattutto, da come s’induce vengano percepite.
Un Governo indicherà sempre la luce alla fine del tunnel, chi aspira a sovvertirlo dirà invece che, alla fine di quel tunnel, c’è solo altro buio. L’economia italiana va meglio, va peggio? Assistiamo ad interventi e riforme di settore, così come ascoltiamo, quotidianamente, parole di speranza e son quelle che tutti vogliamo ascoltare ed in cui vorremmo poter credere: ogni 0,1% in più da bagliore al nostro tunnel, indipendentemente dalla simpatia nei confronti di chi le pronuncia. La pigrizia, l’indolenza, a volte l’ignavia, o anche soltanto le tante faccende della vita privata, difficilmente permettono di approfondire alcunché e ciò che alimenta ottimismo o pessimismo è, tutt’al più, la “percezione” in una realtà confusa. Chi la subisce è destinato ad accontentarsi di quel che sarà, gli altri no; gli altri… la realtà la faranno.