Avete mai l’impressione, dopo aver percorso una strada o dopo essere stati da qualche parte, di non aver visto tutto e di aver tralasciato qualcosa di importante in un determinato luogo? Siì? E allora che fate? Fate finta di niente e proseguite incuranti per la vostra strada? Oppure tornate a vedere cosa vi siete persi? Bel dilemma! A me è successo anni fa in Islanda, quando tornai a vedere un ghiacciaio visto il giorno prima e, passeggiando passeggiando, mi ritrovai in una spiaggia desolata ricoperta da iceberg, spiaggia che mi era clamorosamente sfuggita il giorno prima e che sarebbe stata la ciliegina sulla torta e che avrebbe dato il nome al racconto di quel viaggio: ”Ghiaccio sulla spiaggia”.
Ieri mi è successo di nuovo, invece di starmene a crogiolare sotto il sole, ho dato retta al mio istinto che mi diceva di tornare dalle parti di Vasto Marina perché durante uno dei miei ultimi viaggi [LEGGI] avevo tralasciato qualcosa di molto importante, qualcosa che doveva essere necessariamente visto meglio e più da vicino! Il viaggio a cui mi riferisco è quello raccontato per Aviation-report.com [CLICCA QUI]
[ads_dx]Questa avventura parte di nuovo dall’Abruzzo, più precisamente dal bellissimo lungomare di Vasto Marina; a differenza dell’altro viaggio con me non c’è il mio fido Sky 110s, il mio paramotore, ma una altrettanto sicura canoa Sevylor Sirocco fedele compagna nelle avventure nei fiumi del centro Italia; non ci sono Enrico Skyengines e la banda dei pazzi volatori ma c’è l’amico Giordano che ha deciso di seguirmi in questa avventura senza sapere a cosa andrà incontro!
Un vento caldo spazza la spiaggia facendo sollevare onde alte un metro, mentre Giordano ed io lentamente ci avviamo verso nord; superiamo “la sirenetta” come la chiamano da queste parti, che altro non è che “il monumento alla bagnante” realizzato negli anni settanta e dedicato alle tante bagnanti che avevano scelto questa meta turistica per passare le vacanze. Costeggiamo il monumento in religioso silenzio, ne osserviamo le linee dolci e sinuose e per un attimo ci chiediamo se non stiamo sbagliando a sfidare la costa nord di Vasto Marina invece di ammirare le bagnati locali… Non lo sapremo mai!
Continuiamo a pagaiare verso nord e iniziamo a scorgere la sagoma lontana di un trabocco che si erge fiero e imponente su questo mare cristallino. Lentamente e faticosamente ci avviciniamo a questo capolavoro dell’ingegno, lentamente remiamo mentre la brezza di mare sembra voglia respingerci verso sud ed impedirci di godere di questo posto ma noi non demordiamo e piano piano ci avviciniamo al trabocco.
“Il trabocco, o trabucco, è un’imponente costruzione realizzata in legno che consta di una piattaforma protesa sul mare ancorata alla roccia da grossi tronchi di pino d’Aleppo, dalla quale si allungano, sospesi a qualche metro dall’acqua, due (o più) lunghi bracci, detti antenne, che sostengono un’enorme rete a maglie strette detta trabocchetto.” Questa è la teoria, in realtà il trabocco è molto di più: il trabocco è la storia dell’ingegno e della determinazione abruzzese molisana e pugliese, il trabocco è l’uomo che riesce a sfruttare l’ambiente costruendo delle strutture belle ma soprattutto in grado di sostentare la propria famiglia, il trabocco è… una margherita sui capelli di una ragazza acqua e sapone!
[ads_dx]Lentamente pagaiamo tra le fondamenta del trabocco, spesso il mare non è stato gentile con queste strutture tanto da demolirle alcune, ma questo ha retto bene la forza delle maree e si erge ancora fiero e maestoso quasi a voler sfidare l’Adriatico. Oggi queste strutture sono state trasformate in ristoranti di lusso e, secondo me, hanno perso parte del loro fascino pur conservando buona parte della struttura originale! A me piace immaginare questo posto negli anni ’60, con il papà dedito alla pesca mentre poco oltre il resto della famiglia si dedicava alla pulizia del pesce, poco oltre la cucina da cui uscivano profumi intensi e genuini del pesce dell’adriatico, cucinato in maniera semplice e genuina! Uhmmm sento già il profumo! Chiunque al posto nostro si sarebbe accontentato dello spettacolo appena visto, avrebbe fatto dietrofront e sarebbe tornato a Vasto Marina a godere delle “bagnanti” locali ma il nostro istinto ci dice che c’è altro da vedere, anche se non sarà facile da raggiungere.
Pagaiamo per un’altra mezz’ora abbondante, una pagaiata lenta e faticosa ostacolata dal vento che, con la sua forza, rallenta la nostra avanzata e dalle onde che si infrangono con violenza sulla nostra canoa ma poi, all’improvviso, ecco che il lato selvaggio e autentico dell’Abruzzo viene fuori facendoci dimenticare fatica e sudore: il mare diventa di un colore smeraldo permettendoci di vedere chiaramente il fondale, poco oltre la spiaggia deserta con incastonate delle rocce marroni che le conferiscono un aspetto più selvaggio e rustico, pochi metri sopra la macchia mediterranea, incontaminata florida verdeggiante, di un verde intenso mai visto prima, poco sopra il cielo azzurro e limpido. È uno spettacolo per gli occhi e per la mente, uno spettacolo che nemmeno dal cielo non ero riuscito ad ammirare cosi bene!
“Azzurro, verde, marrone e smeraldo, questo posto è un mix di questi colori perfettamente amalgamati tra loro!” esordisco a Giordano mentre la canoa faticosamente avanza verso nord! “Zitto mo’ rema!” mi zittisce seccamente Giordano. Abbandono la poesia di questo posto e pagaio duramente per un’altra ora fino alla macchina.
Ciao
Mané
Dedicato ad Enrico che ingenuamente un giorno prestò ad un giovane volatore una canoa, non sapendo dove lo avrebbe portato!