Non so da dove sia venuto fuori, da quale trasloco né da quale vecchia casa di famiglia provenga, mi son trovato tra le mani un “antico” libro abbastanza corposo (355 pagine) e dalle pagine ingiallite. Non è l’unico tomo di un tempo a mostrare il suo dorso in libreria ma il suo titolo, comparato con la data di questa quinta edizione, ampliata e corretta, mi ha incuriosito: “Il libro per tutti”. La sua prima è del 1891.
Edito nel 1916 da G. Barbera di Firenze, un testo dal titolo così “democratico” meritava quantomeno d’essere sfogliato, se non altro per l’impegno preso in copertina. Del suo estensore non è possibile conoscere il nome, altro non compare che la firma della casa editrice, circostanza che fa pensare che autore dei suoi contenuti sia… il senso comune.
“Il libro per tutti” è un codice. 4307 (quattromilatrecentosette) articoli suddivisi per materia, le più disparate e tutte relative ad elementari norme di vita comune: abitazione, animali domestici, economia domestica, educazione, giornali, igiene, toeletta, viaggi e tanti, tanti argomenti ancora.
Al termine della sua lettura, anno 2017, mi sono convinto quanto varrebbe la pena aggiornarne i termini, ristamparlo, adottarlo per le scuole, farne dono alle famiglie come fosse laico vangelo.
Si potrà obiettare: ma i tempi non sono più quelli! Infatti, i tempi non sono più quelli ma la vita in comune e tra le persone, la socialità ed i rapporti umani, sono tangibilità di qualunque realtà temporale.
Esemplificando al massimo, ne trascrivo alcuni articoli.
Capitolo “Doveri e società” – Art. 1460: “Si suppone, in generale, che non possano avere tratti gentili altro che le persone bennate e ben educate, e che appartengono piuttosto alle più alte classi della società che alle minori; e ciò è in parte vero, essendo state quelle fino dai primi anni avvezze a vivere con delle persone gentili. Ma non v’è ragione perché anche gl’individui delle più umili classi non debbano reciprocamente sapersi trattare con bei modi nè più nè meno dei ricchi. Si può essere affabili e gentili anche senza avere molti quattrini“.
Capitolo “Doveri di società” – Paragrafo “Doveri verso la famiglia” – Art. 1471:
“Se avete dei figliuoli, siate per essi quello che fu vostra padre per voi. La vostra vita serva da esempio. Siate buoni ed indulgenti ma senza debolezza, perché essi vi amino senza temervi ma non senza rispettarvi. Non preferite un figlio all’altro. Il fanciullo è sensibilissimo e potrebbe soffrirne molto. Non gli percuotete mai. I vostri insegnamenti siano unicamente morali“.
Capitolo “Doveri di società” – Paragrafo “Osservanza reciproca” – Art. 1476:
“Fate altrui quello che vorreste fosse fatto a voi stessi. Onorate i vostri maestri. Siate affettuoso e cordiale con coloro che le convenzioni sociali chiamano vostri uguali; ma non dimenticate che tutti gli uomini, anche i poveri, sono vostri uguali“.
Capitolo “Educazione” – Art. 1621: ”Insegnate di buon’ora al fanciullo la temperanza e la modestia, il disprezzo dell’egoismo, la noncuranza del pericolo, l’orrore della bugia, l’ammirazione per gli eroi del proprio dovere, le vittime dell’amore, della virtù, delle più sante affezioni. Avvezzatelo al caldo, al freddo, al vento, al sole, ai rischi, ai disagi. Avvezzatelo a far tutto da sè. Il primo impiego d’un fanciullo deve essere diretto alla cura della propria persona. Fate ch’esso non conosca pregiudizi nè superstizioni. Non ne fate un mostriciattolo d’ingegno. I bambini d’ingegno precoce rimangono poveri frutti secchi di una malintesa istruzione. Coltivate piuttosto la curiosità del fanciullo, e traetene occasione per istruirlo con suo diletto. Le passeggiate in città, in campagna, la locomotiva, il filo-telegrafico, l’aratro, gli animali domestici, il molino, il campo, il prato, le farfalle, il cielo, il ruscello, un fiore, vi forniranno il mezzo di istruirlo“.
Potrei continuare ma credo sia sufficiente per dare il senso… Oltre un secolo fa, a tutto ciò si educava e, probabilmente, in tanti saremmo voluti nascere oltre un secolo fa, almeno queste cose c’era chi l’insegnava al fine di preservare una migliore società dalla deriva e dal decadimento.