L’obiettivo è evitare di ritrovarsi, a settembre, con 190 esuberi. Inizierà dopodomani il confronto tra azienda e sindacati per evitare per cercare un’alternativa ai contratti di solidarietà con cui, negli ultimi 9 anni, la multinazionale del vetro per automobili ha evitato licenziamenti nello stabilimento di San Salvo, il più grande del gruppo giapponese Nippon Sheet Glass e il più grande del Vastese: la fabbrica di Piana Sant’Angelo conta circa 1800 dipendenti.
“I contratti di solidarietà – spiega il segretario provinciale della Femca-Cisl, Franco Zerra – riguardano i circa 600 dipendenti dell’area temperati. La sacadenza è fissata a settembre 2017, ma le normative attuali stabiliscono che si può usufruire della solidarietà per non più di tre anni in ogni quinquennio. Considerato che siamo già al secondo anno, significa che questo ammortizzatore sociale può coprire gli esuberi solo fino a settembre 2018. Perciò è necessario capire fin da ora come fare perché il problema venga eliminato, oppure ridotto al minimo”.
Dall’inizio della crisi, i licenziamenti sono stati evitati tramite la formula: lavorare meno, accettando una riduzione dello stipendio, ma lavorare tutti. “Oggi – racconta Zerra – i lavoratori vengono pagati come se fossero in Cassa integrazione straordinaria. Quindi, a seconda dell’anzianità di servizio, percepiscono uno stipendio di 1100 euro, oppure di 980.
Per risolvere il problema, anche in considerazione del fatto che sono pochi i lavoratori vicini all’età pensionabile, l ’ideale sarebbe, innanzitutto, ottimizzare le lavorazioni, incrementando le nuove produzioni. L’azienda è proiettata verso i business futuri ma, tra il periodo in cui vengono programmati e il momento in cui si avvia la produzione, trascorrono due-tre anni. Si possono internalizzare delle lavorazioni attualmente svolte da personale esterno all’azienda. Poi uno spiraglio può aprirsi intrecciando il fabbisogno di personale di Bravo e Primo con le necessità dell’azienda madre” e, quindi, trasferendo in quei due stabilimenti parte dei lavoratori in esubero alla Pilkington, “tenendo conto, però, del fatto che, nelle due fabbriche satellite si svolgono le terze lavorazioni, molto manuali, e dunque diverse rispetto alle mansioni che gli operai svolgono in Pilkington. In passato soluzioni analoghe hanno dato luogo ad esperienze non ottimali”.
Secondo la Filctem-Cgil, “è necessario – dice Emilio Di Cola, rieletto poche settimane fa nella Rsu della Pilkington – avviare, con un anno di anticipo rispetto alla scadenza della solidarietà, il confronto tra azienda e sindacati per capire, innanzitutto, come l’azienda intenda affrontare il problema degli esuberi, facendo in sourcing all’interno della fabbrica per recuperare posti di lavoro dove servono e verificando se c’è disponibilità di posti nelle due aziende satellite”.
Viene dall’Est la minaccia principale alla ripresa del settore: “La concorrenza delle fabbriche cinesi è molto aggressiva”, fa notare Zerra. “A San Salvo realizziamo prodotti più tecnologici. Per il futuro, non potremo produrre solo vetro, perché il prodotto cinese costa 2-3 volte di meno”.