“Si è verificato un vero e proprio cortocircuito istituzionale nel giorno del 25 aprile”. Così Nicola Antonelli, artista lancianese 41enne, protagonista dell’azione sul teatro Fenaroli compiuta proprio ieri, in occasione della Festa della Liberazione (QUI l’articolo), parla di quanto accaduto a Lanciano.
Antonelli, attorno alla mezzanotte tra il 24 e 25 aprile, armato di scala e fune, è salito agilmente sul teatro cittadino ed ha coperto i fasci littori presenti sulla facciata, con un telo recante la scritta “ART”. E proprio nel giorno in cui si ricorda la lotta partigiana, a Lanciano non si è parlato d’altro.
“L’arte ferma e immobile nel quadro rappresenta una visione ottocentesca, – spiega Antonelli – oggi l’arte è in movimento, si fonde e si mescola con tutte le sfere della società ed ha un unico obiettivo: creare dialettica e dialogo. Con la mia arte pongo domande, non voglio dare risposte, le lascio al pubblico”. E sono state tante le risposte, le più diverse, che sono arrivate dalla società civile dopo l’azione artistica. “Sono sincero – dice l’artista a Zonalocale – mi aspettavo tutto questo clamore mediatico, soprattutto sui social. C’è chi si è congratulato con me e chi mi ha dato del talebano. Chi mi augura la morte? Mi fa sorridere, che altro posso dire?”.
Ma il cortocircuito istituzionale di cui parla Antonelli si è verificato soprattutto con l’intervento delle forze dell’ordine, allertate dai militanti di CasaPound, che in tempi brevissimi hanno rimosso il pannello “liberando” di fatto i fasci proprio nel giorno del 25 aprile. “Non mi aspettavo una rimozione così veloce, devo ammetterlo. – ci dice Antonelli – E non so se il mio gesto avrà conseguenze giuridiche, ma ad oggi non sono ancora stato chiamato da nessuno”.
Nicola Antonelli si definisce un “artivista”, a metà tra artista e attivista che, dalla realizzazione del monumento dedicato a Trentino La Barba inaugurato lo scorso 6 ottobre, sta seguendo un percorso ben preciso per scuotere le coscienze. “Vedo un’Italia avara, chiusa e indifferente – racconta – e non posso far crescere mio figlio, nipote di partigiani morti il 6 ottobre 1943, in un mondo così, devo pur fare qualcosa. E il mio modo per lanciare messaggi è l’arte e se ho dato un’ulteriore spintarella al sistema per migliorarsi, posso dirmi soddisfatto”.