Circa 220 chilometri di strada ferrata dismessa che “riempiono il cuore e gonfiano i polpacci” per realizzare il progetto fotografico di antropologia visuale Binari fantasmi in esposizione presso il Centro culturale Aldo Moro fino al 28 aprile. A presentare la mostra, lo stesso autore, il fotografo e antropologo Gaetano di Crecchio di Lanciano, in conversazione con Licia Zulli, del Centro Aldo Moro, e Pierluigi Ortonano e Davide Pitetti dell’associazione culturale Civico Zero. Ad impreziosire la presentazione, le letture di Domenico Galasso del Piccolo Teatro Orazio Costa di Pescara.
Come spiegato da Gaetano di Crecchio il progetto nasce per l’esigenza di portare a termine un’analisi antropologica, utilizzando l’immagine, su 220 chilometri di ferrovia dismessa, da cui il titolo della mostra: “Binari fanstasmi perché camminando lungo queste tratte, che paragono ai vecchi tratturi anche se spero che non facciano la stessa fine, sembra di sentire la presenza di fantasmi buoni che raccontano una storia antichissima. Queste tratte hanno un grande valore paesaggistico, ambientale, storico e culturale, basta solo dare loro dei contenuti”.
Dal punto di vista tecnico, la mostra è composta da fotografie scattate con Polaroid in doppia esposizione, una sorta di “com’era e com’è”, che si sostanzia attraverso elementi che raccontano la vita passata attraverso queste rotaie (biglietti obliterati, documenti, particolari oggetti che raccontano un pezzo di storia di un anonimo viaggiatore) in contrapposizione all’attuale situazione di abbandono. Il tutto impreziosito dalla proiezione di video a cura di Gigi Martinelli che ha ripreso e messo online tutto il percorso dal treno.
“Ho voluto sperimentare – ha spiegato di Crecchio – un’integrazione tra il linguaggio fotografico e quello artistico, in ambito antropologico, per insinuare dubbi e riflessioni. Continuiamo a spalmare lingue di cemento per le piste ciclopedonali, quando basterebbe rendere fruibili queste tratte, dismesse e abbandonate senza nemmeno chiedere un parere alla popolazione del territorio. Abbiamo un patrimonio di archeologia industriale che ci invidia tutta Europa, non è giusto lasciarlo all’abbandono”.