E’ un gran parlare, in questi giorni, del Decreto legge che abolisce l’uso dei voucher. Il “buono lavoro”, questo il vero nome, fu introdotto dal Governo Berlusconi nel 2003, con la Riforma Biagi, quale strumento per retribuire lavoro occasionale di tipo accessorio. Si tratta dello stesso Marco Biagi, giuslavorista e docente di diritto del lavoro presso l’università, assassinato dalle Nuove Brigate Rosse un anno prima dell’approvazione definitiva della sua legge e questo a rimarcare quanto troppo invise fossero, per certa politica, le misure ispirate ad una maggior flessibilità nei contratti di lavoro.
I “buoni lavoro” non ebbero, inizialmente, molto successo e soltanto nel 2008 fu data loro piena attuazione con interventi da parte del Governo Prodi. La loro applicazione veniva riferita, almeno inizialmente, alle attività agricole o a quelle domestiche, con l’obiettivo di ridurre il lavoro nero e tutelare le categorie più deboli. Altri utilizzi, all’origine, furono quelli relativi alle ripetizioni per gli studenti o a lavori di giardinaggio, ad attività di hostess o stewart nelle fiere e convegni. Nel 2010, la sua applicazione fu estesa anche ad altri soggetti del mondo del lavoro e, successivamente, dal Governo Monti, con la Riforma Fornero, ne iniziò la liberalizzazione con solo alcuni limiti di carattere economico. Ulteriore ampliamento nell’utilizzo fu determinato dal Governo Letta che, nel 2013, ne estese l’impiego a tutti i settori. Il Governo Renzi ne alzò i limiti di carattere economico prima previsti.
In definitiva, tutti i governi, indipendentemente dai colori politici, hanno riconosciuto l’efficacia dei “voucher” e, da strumento adatto per l’emersione del lavoro nero per la difesa delle categorie deboli, è diventato congegno per dar occupazione, con tutte le coperture assicurative e previdenziali. Alla loro base, c’è sempre un contratto di lavoro ed INPS ed INAIL ne sovraintendono l’uso: dei 10 euro di valore, 7.50 sono appannaggio del prestatore d’opera ed il restante degli istituti stessi e per la gestione del servizio.
L’uso irregolare dei voucher non è mancato. Infatti, debordando dai canoni stabiliti, l’abuso è consistito nel loro utilizzo per regolarizzare rapporti di lavoro esclusivi e continuativi o “coprire”, occasionalmente e temporaneamente, prestazioni durature in nero. Solo nel settembre del 2016, si è cercato di introdurre misure che evitassero raggiri.
Per dare conto di come il sistema voucher sia entrato, prepotentemente, nell’uso comune basta valutare pochi semplici dati: nel 2016 ne sono stati venduti 134 milioni, il 23,9% in più del 2015, il 95% in più del 2014. Segno evidente che il sistema ha funzionato, soprattutto per la fame di lavoro, da anni, endemica in Italia!
Non soltanto famiglie o piccole imprese ne hanno fatto uso ma anche Amministrazioni comunali ed anzi proprio Vasto ha segnato uno dei record: quarto Comune in Italia per soldi spesi nell’acquisto dei voucher nel 2016, anno di elezioni comunali…
Ora è tutto cancellato. Il Governo Gentiloni ha abolito l’uso dei voucher. Perché? Forse perché è pronta un’altra legge per regolare meglio la retribuzione del lavoro occasionale? Perché, finalmente, adesso ci sono le condizioni per dar lavoro con contratti a tempo indeterminato? Perché le categorie deboli non vogliono più, per dignità, essere considerate tali? Perché sono stati tagliati gli alti stipendi e redistribuita l’eccedenza per creare nuovi posti di lavoro? Perché il rapporto tra imposte sul lavoro e costo del lavoro complessivo (cuneo fiscale) è migliorato? Perché ci sono risorse tali da riconoscere reddito di cittadinanza, soldi per tutti senza lavorare? Perché il “gratta e vinci” ha dispensato milioni di Euro a tutti i disoccupati?
Niente di tutto questo. Gentiloni ci dice che l’uso dei voucher viene abolito perché “l’Italia non ha certo bisogno, nei prossimi mesi, di una campagna elettorale su temi come questi”, insomma, per evitare il referendum chiesto dalla CGIL. Sullo sfondo, una promessa: “Useremo le prossime settimane per una regolazione seria del lavoro saltuario e occasionale”. Scelte proprie di una politica compulsiva, sottoposta al ricatto di chi ancora interpreta il confronto sindacale quale scontro tra classi e nel momento in cui la globalizzazione dei mercati ha reso assolutamente vulnerabile il sistema produttivo italiano.
Dal 2003 al 2016, i voucher hanno dato occupazione; un lavoro discontinuo, limitato ed anche poco pagato ma hanno dato occupazione a tantissimi giovani che, altrimenti, sarebbero stati a spasso o ancora più sfruttati; giovani in attesa di norme migliori, che speravano nella ripresa economica, nella prospettiva di veder riconosciuta anche la propria sola esperienza voucher fatta, comunque, lavorando.
Ora, il Governo assicura la “regolazione seria del lavoro saltuario e occasionale”. Sente di poter prendere l’impegno organizzando chissà quanti tavoli tra imprenditori e sindacati, in un momento di profonda crisi del partito di maggioranza, mentre i gruppi parlamentari si dividono, si sciolgono, si ricoaugulano come plasma informe, commisurando la propria demagogia al solo obiettivo di acquisire consenso elettorale. E’ così che l’arbitro, incapace nel dirigere la partita, decide che non si gioca più, con buona pace di chi, con quel gioco, riusciva almeno a campare.