Dall’aprile 2016 al 10 marzo 2017 tutti i fedeli che si sono raccolti in preghiera sotto il tetto della chiesa di San Nicola hanno corso un grave pericolo per la propria incolumità fisica. È quello che si apprende dalle carte dell’intricata vicenda che coinvolge la parrocchia di San Nicola. Le allarmanti parole usate nelle relazioni tecniche sullo stato di salute dell’edificio di culto lasciano poco spazio all’immaginazione: “marcata vulnerabilità sismica”, “scarsa resistenza del calcestruzzo”, “rischio di collasso dell’intero complesso” per citarne alcune. L’inevitabile interrogativo è “Perché non prima allora?”.
LE TAPPE DELLA VICENDA E I DUBBI – Le prime indiscrezioni di una presunta volontà del parroco don Michele Carlucci di demolire e ricostruire (in altro luogo?) la chiesa neanche 40enne di San Nicola Vescovo risalgono a due anni fa. A fine gennaio di questo anno, il sacerdote durante la messa del 29 gennaio ha annunciato la volontà da parte del collegio dei consultori della diocesi di Chieti-Vasto di reperire i fondi per l’operazione “inevitabile” (bussando alle porte della Cei) perché meno costosa della semplice ristrutturazione [LEGGI].
Qualche indizio in più sulla veridicità di quelle indiscrezioni era emerso in precedenza grazie al costo della perizia tecnica (poi svolta dalla Te.Ma.Co. di San Salvo) messo in bilancio.
Il dibattito si è quindi acceso dopo l’ufficializzazione dal pulpito con la costituzione di un comitato che in poche settimane di attività è riuscito a instaurare un dialogo con il vescovo Bruno Forte (ottenendo l’apertura su un’alternativa alla demolizione) e a raccogliere centinaia di firme pro-ristrutturazione [LEGGI].
L’ultima mossa nella partita a scacchi tra fedeli e sacerdote si è avuta qualche giorno fa. Il 10 marzo scorso, i vigili del fuoco sono intervenuti su richiesta di don Michele per effettuare un sopralluogo nell’edificio. La relazione dei pompieri chiedeva inequivocabilmente l’intervento del primo cittadino per garantire l’incolumità pubblica. E il sindaco Tiziana Magnacca questo ha fatto emanando ieri l’ordinanza di chiusura temporanea [LEGGI].
Tutti più sicuri e contenti? No, perché l’intervento dei vigili del fuoco (che ha portato all’ordinanza) è stato chiesto dopo un anno di convivenza con il presunto imminente pericolo, proprio a ridosso del prossimo incontro che il comitato avrà con il vescovo Bruno Forte. Il 23 marzo i fedeli si recheranno da mons. Forte con le carte del progetto di ristrutturazione alternativo alla demolizione.
È questo l’elemento nuovo, emerso nell’incontro di stamattina, che non fa tornare i conti. Con un rischio così concreto perché azzardare ancora per un anno funzioni religiose all’interno di un edificio non così stabile, soprattutto dopo gli eventi sismici estivi (pure citati nella documentazione)? Se il rischio non fosse così concreto, perché chiedere – essendo consapevoli della conseguente chiusura – l’intervento dei vigili del fuoco a ridosso dell’incontro del comitato con il vescovo?
Il sindaco a domanda precisa ha risposto che nonostante il Comune stesse già visionando le varie relazioni, senza il documento dei vigili non ci sarebbe stata alcuna chiusura per il momento. La domanda che per ora resta senza risposta l’ha fatta Fabrizio Ciurlia (del comitato) durante l’incontro di stamattina: “Perché tenere la relazione chiusa in cassetto per un anno?”.
LA SCELTA DEL SINDACO – Durante la conferenza stampa odierna, Tiziana Magnacca ha sottolineato: “È stata una scelta presa a malincuore e con amarezza, ma è quello che sono costretta a fare dopo la relazione dei vigili del fuoco. Il mio interesse è che nessuno si faccia male, per questo è stata transennata anche l’area esterna”.
Per ora, non si sa ancora dove saranno celebrate le funzioni religiose, le campane continuano a suonare. Quelle, di sicuro, non crolleranno.