Luciano D’Alfonso ribadisce il concetto che aveva espresso già nelle ore successive alle perquisizioni dei carabinieri a Palazzo Silone: “C’è uno stato d’animo che è quello della tranquillità coincidente con la totale estraneità”, scandisce il presidente della Regione Abruzzo, rispondendo ai giornalisti a margine dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei conti abruzzese, parlando dell’inchiesta della Procura della Repubblica dell’Aquila che lo vede indagato, con altre 12 persone, sulla gestione di alcuni appalti.
Le indagini, coordinate dalla Procura dell’Aquila, sono tre: una sul restauro post-terremoto di Palazzo Centi, fino al 2009 sede della Presidenza della Regione (“in questa inchiesta – ha detto D’Alfonso – tra gli indagati non figura il mio nome”), le altre due su lavori pubblici a Penne e a Pescara. In quest’ultimo caso, si tratta di “interventi solo programmati di rigenerazione di case popolari”, per i quali “mi aspetto un encomio”, ha commentato il governatore.
“Valuterò con i miei legali”, se chiedere di essere ascoltato in Procura. “Non vedo l’ora di poter concorrere, non solo documentalmente. Ho un patrimonio conoscitivo frutto di 30 mesi di lavoro che, secondo me, è utile per arrivare a fondo di qualsiasi verità”. Sul fatto che dal 2000 a oggi gli ultimi quattro presidenti abruzzesi, lui compreso, siano stati indagati, ha concluso: “Non mi occupo di questa analisi sociologica, so che si fa, ma non sono all’altezza di condurla”.