Bella e friabile. Apparentemente immutabile, ma coi piedi d’argilla. Un’altra fenditura evidente, non l’unica.
E’ il segno che una parte della balconata orientale di Vasto si sta distaccando. Neve e piogge torrenziali di inizio anno hanno inzuppato il terreno sottostante, che comincia a cedere: sulla loggia Amblingh, dove preoccupano gli avvallamenti visibili a occhio nudo e al calpestio lungo la passeggiata a destra e a sinistra dell’edicola votiva della Madonna della Catena. E in via Adriatica, nel tratto più vecchio e instabile. Nel 2008, quando fu inaugurata la parte rimessa a nuovo, la promessa fu quella di rifarla tutta, non appena il Comune avesse trovato i soldi.
Dopo nove anni e la chiusura della pericolante scalinata che scende verso i campi sportivi del Parco delle Lame, tutto è fermo. Anzi, si muove pericolosamente verso il basso. In una linea, quella del frastagliato terrazzo naturale della città antica, già modificata dalle frane. Non solo quella storica e devastante del 1956, che si portò a valle la precedente balconata, una fila di case, la chiesa di San Pietro (di cui rimane solo il portale) e l’ufficio postale di allora. Ma anche quelle recentissime: una in via Tre Segni agli inizi di dicembre del 2013, l’altra lungo il muraglione di contenimento dei Giardini di Palazzo d’Avalos il 24 gennaio 2015.
La questione è arrivata nell’aula del Consiglio comunale nell’ultima seduta, quella del 30 gennaio, in cui si è discussa l’interpellanza presentata da Alessandra Cappa (Unione per Vasto), alla quale il sindaco, Francesco Menna, ha risposto che sono state compilate e inviate alla Regione per chiedere i finanziamenti le schede tecniche di 7 zone da consolidare, tra cui via San Biagio e località San Nicola. Riguardo alla loggia Amblingh, “la Regione ci ha assicurato che l’iter è positivo e il sito è prioritario”. “La prossima volta – ha replicato Cappa – sarà il caso di fare annunci alla stampa solo quando il finanziamento è nelle casse del Comune”.
Ma, al di là della polemica politica, l’impressione è che i tempi stringano e si debba tamponare il prima possibile il lento, ma inesorabile, scivolamento del costone. Lo chiedono residenti e commercianti. Una donna (“ma non fate il mio nome”) indica la sua casa sulla loggia Amblingh e dice: “Dentro ho delle crepe, sono preoccupata”. Si avvicina un esercente: “Quando è piovuto, qui scendeva un torrente d’acqua. Faceva paura. Le fogne che dovebbero raccogliere la pioggia sono ancora quelle antiche, ridotte a un colabrodo. L’acqua si disperde, penetra nel terreno su cui poggia la balconata e crea il vuoto. Sono anni che segnaliamo il problema”.