“L’uomo che guarda i trabucchi” è un articolo pubblicato il primo di gennaio su “Orizzonti”, inserto del Corriere della Sera. Inizio a leggerlo con curiosità e, solo dopo poche righe, mi accorgo che non si parla dei trabocchi abruzzesi, ma dei trabucchi pugliesi.
L’articolo narra la storia dell’associazione “La rinascita dei trabucchi”, del suo percorso di valorizzazione e di utilizzo turistico delle amate macchine da pesca.
Costruzioni affascinanti, architetture tra terra e mare che, agli occhi dei turisti italiani e ancor di più di quelli stranieri, rappresentano veri e propri monumenti originali, una miniera ricca di antiche tradizioni a disposizione di chi si occupa di promozione turistica attraverso il canale più importante che esiste oggi per il turismo: internet.
In altri luoghi chi promuove “crea” con poco e vende, noi invece “abbiamo” tanto e possiamo semplicemente raccontare!
I trabocchi, nel nostro territorio, hanno da sempre un richiamo molto affascinante e tuttavia, senza azioni concrete, tutto questo ben di Dio rischia di essere ininfluente ai fini turistici; i dati relativi alla terzultima posizione dell’Abruzzo per presenze 2015 [fonte: Istat], purtroppo confermano questo timore.
Onore allora a Matteo Silvestri, vice presidente della citata associazione pugliese, che è riuscito ad avere in concessione ben sei trabucchi, bravo lui ma bravi anche coloro che glielo hanno consentito. Ora è all’opera per sponsorizzare con mezzi mediatici importanti il prodotto turistico “Via dei Trabucchi: da Vieste a Torre Mileno”.
Perché, mentre la Puglia continua il suo percorso di valorizzazione e promozione, dopo averlo fatto col Salento, noi Abruzzesi ci troviamo ancora quasi fermi con la nostra “Costa dei Trabocchi”?
Sembrerebbe che la chiave di volta per il successo dei trabucchi pugliesi sia la volontà chiara di lasciare spazio a chi vuole operare, a chi ha motivazione e competenze per agire. Sembrerebbe che in Puglia ci sia veramente voglia di agire o quanto meno di lasciar agire. Da noi in Abruzzo, invece?
Anche il turismo è un “mercato”. Anche chi non ha studiato marketing sa quanto sia importante essere veloci quando si confeziona e posiziona un nuovo prodotto sul mercato: molte volte, chi arriva prima, si guadagna la posizione più comoda e ambita.
Qualche anno fa il turismo legato alle “macchine da pesca” era un mercato nuovo, un “oceano blu” per citare l’omonimo best seller di Renee Mauborgne e Kim Chan, lo sarà ancora quando avremo finalmente confezionato e posizionato il nostro prodotto relativo alla “Costa dei Trabocchi”? Saremo leader o follower su questa interessantissima nicchia del turismo estivo?
Le mie domande sono quelle del semplice cittadino, di uno tra i tanti che che ama il luogo in cui vive e crede che si possa ottenere qualcosa di più dal turismo e spera, animato dalla bellezza e dalla ricchezza di cui godiamo, che finalmente qualcosa cominci a cambiare, per il nostro bene e soprattutto per quello dei nostri figli. Fra vent’anni potremo contare ancora soltanto su un’economia prettamente industriale, senza avere alternative? Non è proprio la natura a suggerirci altre soluzioni? Nella realtà, noi Abruzzesi, non abbiamo nulla in più o in meno dei nostri vicini di casa pugliesi, abbiamo patrimoni simili che, attraverso le loro peculiarità, acquistano ulteriore valore, patrimoni da valorizzare e vendere. Anche sbagliando o lasciando sbagliare, ormai abbiamo il dovere di agire. Anche temporeggiare è un’azione, ma è chiaro che sia l’unica ormai da evitare.
Gettiamo le reti dunque – usiamo le nostre amate macchine da pesca – e avremo tanto da raccogliere, nell’augurio che il 2017, malgrado quanto sia accaduto ad inizio anno, sia quello della svolta turistica Abruzzese, anche grazie ai trabocchi!