Sono quei pensieri che non vorremmo mai sentire il bisogno di affidare alla considerazione generale. Gli stimoli avvertiti sono però tanti, muovono dal profondo del proprio modo di essere, di pensare, di avvertire, anche emotivamente, gli effetti di un fatto grave, assimilato magari soltanto a livello inconscio, subliminale e che produce quei brividi che ti fanno capire di esserne comunque partecipe.
Roberta, Italo e Fabio hanno vissuto un dramma, un dramma vero! Una sciagura che non ha segnato soltanto la realtà dei suoi interpreti e delle loro famiglie ma anche quella di una comunità cittadina che, al cospetto di un tale accadimento, mostra qualcosa che va oltre la curiosità e l’interesse per un fatto di cronaca il cui ricordo permarrà nel tempo.
E’ un dovere civico non interloquire ed intromettersi oltremisura nei gangli del dolore di persone e famiglie. Anche le forme di solidarietà hanno il loro limite ed i confini sono stabiliti dalla sensibilità e dalla cultura di chi la esprime.
Il movente del fatto delittuoso ci riporta all’incidente che, nel mese del luglio scorso, determinò la morte di Roberta. Sarà la magistratura a ricostruire e consegnare una verità, con un’attività i cui tempi, fino ad ora, sono stati inferiori a quelli medi, considerando la già avvenuta chiusura delle indagini e la fissazione dell’udienza preliminare entro questo mese.
Nel tempo, però, resterà altro. Il collegamento tra i due fatti oggi fomenta sentimenti collettivi contrapposti e diffusi ed invece abbiamo il dovere di farli sedimentare, considerandoli quali elementi per una consapevole e ragionata riflessione. Dalla nostra quotidianità, è indispensabile trarre esperienze che colmino e riequilibrino, costantemente, quel sistema di costumi, opinioni, comportamenti di cui ognuno di noi è portatore.
Congelando ogni passione per impedire che la ragione sia fuorviata, rifuggendo una pervicace e capziosa ricerca di personali e profondi “perché”, diventa occasione di crescita comune valutare il contesto in cui la vicenda si è sviluppata e le condizioni ambientali che hanno alimentato la prospettiva del dramma, in un crescendo di contrasti mai sopiti.
Fermo restando il dolore dei familiari e di chiunque altri per rapporti di amicizia, non si può non riflettere circa l’esasperazione prodotta da espressioni propagate sui social, da inopportune ed intempestive dichiarazioni dei legali di parte e, ultime, da sconvenienti e pur ecclesiasticamente blasonate affermazioni circa i tempi di una giustizia che, se lenta, diventa ingiusta.
Per mesi, Vasto ha sentito sul collo il caldo alito della rivalsa, sulle sue spalle il forzato sospetto dell’impunità, tra le vertebre le stilettate delle ragioni di parte, nella mente il tarlo del possibile oblio, tutti elementi capaci di nutrire la vendetta in chi era stato gettato nella disperazione.
Oggi, la nostra comunità cittadina ha l’occasione di riconoscere la propria povertà di spirito e riflettere sulla presunzione dei propri atteggiamenti, alla ricerca di un equilibrio che sembra perduto. La sollecitazione dell’istinto del prevalere, la sete di ragione, sempre e comunque, la ricerca e l’offerta del sensazionale, il sottile gusto nel fomentare istinti, il moltiplicarsi, attorno a una parola, di aggettivi clamorosi son tutti fenomeni espressione di una società votata al colpevole contrasto.
A Vasto, da oggi si riflette.