“Non pensavamo che potesse fare questo. Avevamo paura che si potesse uccidere”, dice in lacrime all’inviato del Tg1 Michelina, la madre di Fabio Di Lello. Da mercoledì sera, suo figlio è nel carcere di Torre Sinello, a Vasto, dopo aver confessato ai carabinieri di aver sparato a Italo D’Elisa, il 21enne che, lo scorso 1° luglio, si era scontrato, a bordo della sua auto, con lo scooter di Roberta Smargiassi, la moglie di Di Lello, morta a 34 anni poco dopo il trasporto in ospedale.
Le ferite che hanno ucciso D’Elisa sono tre, “una cranica e due addominali”, spiega il medico legale, Pietro Falco, al termine dell’autopsia, terminata nella tarda mattinata di oggi all’Istituto di medicina legale di Chieti. A provocare la morte del ragazzo è stato “un gravissimo trauma cranico-encefalico, oltre che addominale. Quindi – spiega l’anatomopatologo – una morte rapidissima”.
Stamani Fabio Di Lello ha ricevuto la visita dell’avvocato Pierpaolo Andreoni: “Era molto provato, piangeva”, racconta il legale. “Bacia continuamente la fede nuziale. Abbiamo preso un caffè insieme e lui ha mangiato anche una merendina, prelevata da un distributore automatico. Mi ha chiesto di portargli dei libri, senza indicarmene qualcuno in particolare. Abbiamo parlato, ma non del processo. Non era in condizioni di affrontare un discorso su questa vicenda”. Nel pomeriggio, andrà a fargli visita anche l’altro avvocato, Giovanni Cerella.
Domattina, alle 10, il 34enne comparirà davanti al gip del Tribunale di Vasto, Caterina Salusti, per l’udienza di convalida dell’arresto. Quasi in contemporanea, alle 10.30, nella chiesa di Santa Maria del Sabato Santo, l’ultimo saluto a Italo D’Elisa. “I genitori di Fabio sono tristi e manderanno una corona di fiori per partecipare al lutto”, dice Andreoni.
Il sindaco di Vasto, Francesco Menna, invita ad abbassare i toni: “Vicende come questa non devono dividerci in tifoserie. C’è bisogno di dire in maniera chiara che la violenza va sempre condannata, che violenza e vendetta non sono mai le strade di una giustizia vera, che non potranno mai costituire la cura di un dolore immenso”.
Un invito che qualcuno non ha raccolto, visto che, su Facebook, sono spuntati gruppi pro e contro i due protagonisti di questa triste storia.