Cara Befana,
dopo aver scritto la mia letterina a Babbo Natale, ora è il tuo turno. Mi rendo conto che in questi giorni hai davvero molto da fare, indaffarata come sei a raccogliere le “ordinazioni” dei più piccini, ma un regalino a noi adulti non lo puoi negare! So bene che, in fondo in fondo, al di là del tuo aspetto non proprio leggiadro e dei tuoi modi di fare talvolta bruschi, sei una vecchietta dal cuore d’oro, che nella calza, tra un po’ di cenere e carbone, trova sempre il modo di sistemare un regalino a cui teniamo.
Ebbene, cara Befana, vado al sodo. In questi giorni ho riflettuto molto sul valore delle parole e sai chi mi ha offerto lo spunto per la riflessione? I nostri ministri della Repubblica. Aveva cominciato lo scorso mese di settembre la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, la quale ha fatto sapere ai giovani italiani che avrebbero un modo unico “per essere creativi”: rotolarsi sotto le lenzuola e procreare. Alle donne, invece, ha detto che è ora di darsi una mossa, se non vogliono vedere la propria fertilità scadere come lo yogurt.
Tra riconferme e nuovi arrivi, anche i ministri del Governo Gentiloni mi hanno offerto parecchi spunti di riflessione. La neo ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ad esempio, aveva scritto nero su bianco nel suo curriculum vitae di avere un diploma di laurea in Scienze Sociali, poi si è scoperto che non solo la ministra non è laureata, ma non ha mai nemmeno sostenuto l’esame di maturità, avendo la stessa frequentato solo i primi tre anni di scuola superiore per poi prendere un diplomino privato all’Unsas da assistente sociale. Ora, sai com’è, cara Befana, non è che un pezzo di carta (due in questo caso: diploma e laurea) cambi le cose, per carità! Ma vedere un ministro che sdogana ufficialmente la menzogna un certo effetto me lo procura. Soprattutto se poi la pezza messa per riparare il buco provocato dalla bugia è peggio del buco. La ministra, infatti, si è giustificata dicendo che la mancanza di titoli di studio è compensata dalla sua esperienza nel sindacato. E chi glielo va ora a spiegare ai tanti giovani italiani che si stanno dedicando con fatica, sacrificio e impegno allo studio che, per costruirsi un futuro, basta una militanza nel sindacato?
Già, i giovani che si stanno formando e che sempre più numerosi sono costretti a cercarsi un lavoro in giro per il mondo. A loro ha pensato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti che, parlando della fuga dall’Italia di tanti ragazzi in cerca di occupazione, ha testualmente dichiarato: “Conosco certa gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più tra i piedi”. Ora, cara Befana, tu che sei una donna di poche parole, sai bene che un ministro della Repubblica, perito agrario salvato dalle coop rosse, proprio non può permettersi di sbeffeggiare chi è costretto a mettere dentro una valigia affetti ed effetti personali, vestiti, foto, speranze, titoli di studio e competenze per andare a cercarsi un lavoro all’estero e costruirsi un futuro che il nostro Belpaese non garantisce più.
Cara Befanina, che c’entri tu in tutto questo? C’entri, certo che c’entri! Perché, tra i doni che presto distribuirai a destra e a manca, potresti inserire anche un po’ di rispetto per l’uso che si fa delle parole che, a quanto pare, i nostri ministri con delega alle figuracce utilizzano un po’ come gli pare, in barba al fatto che, se usate a sproposito, le parole diventano armi pericolose. Armi potenti, che feriscono e fanno male. Le parole sono pietre e nessuno, men che meno un ministro, può permettersi di scagliarle come vuole. “Le parole sono spietate – diceva Oscar Wilde – e, una volta pronunciate, è poi assai difficile cancellarle”. Dunque, per farla breve, Befanina cara, metti nella nostra calza tanta salute e serenità, ma pure il rispetto che si deve agli altri anche attraverso l’uso delle parole, soprattutto se a pronunciarle sono i vertici di rappresentanza delle istituzioni. Spesso, dietro un figlio negato, una laurea sudata o un lavoro cercato con fatica in un Paese straniero, si nascondono persone che soffrono.
Ah, a proposito, tu che con la tua scopa magica puoi volare alto nel cielo, porta un bacio a Fabrizia Di Lorenzo, la giovane trentunenne di Sulmona uccisa dalla follia terroristica, lo scorso 19 dicembre, a Berlino, dove l’aveva spinta la ricerca di un lavoro. Al ministro Poletti, forse, Fabrizia non mancherà. A noi, invece, anche se non l’abbiamo conosciuta di persona, manca moltissimo. Così come ci mancano moltissimo i tanti giovani italiani che hanno avuto il coraggio di non arrendersi, di non accontentarsi e di costruire altrove il proprio futuro.
Tua affezionatissima
Paola Cerella