Il 23 dicembre, nella sera dell’anti vigilia, a Lanciano si respira già aria di festa grazie al suono dolce di una campanella che dalle 18 alle 19 fa sentire la sua voce, da sopra la Torre Civica, in tutta la città portando in anticipo il Natale nelle case dei lancianesi: è la Squilla.
Le origini della Squilla risalgono al 1607 quando Paolo Tasso, allora arcivescovo di Lanciano, iniziò a recarsi in pellegrinaggio alla chiesetta dell’Iconicella per rievocare il cammino di Giuseppe e Maria verso Betlemme e anche allora il suono della “Squilla”, e delle campane di tutta la città, accompagnava la processione. Ogni anno, da allora, questa tradizione si ripete con la stessa intensità rendendo Lanciano, almeno per qualche ora, un po’ più magica. Si rinnova la processione verso l’Iconicella, poi il ritorno in piazza, lo scambio di auguri e via di corsa a casa per attendere le 19 in famiglia.
“Passano gli anni, ma l’attesa per la Squilla resta sempre la stessa. – ci dice Antonietta, bis nonna di 86 anni – E’ bello vedere la famiglia riunita per il “nostro” Natale e poi questa sarà la prima Squilla con il mio nipotino, l’ultimo arrivato, quindi l’aspetto un po’ di più”. Il 23 dicembre a Lanciano vuol dire casa, vuol dire riunirsi, aspettare le 19, quando insieme alla Squilla iniziano a suonare anche le campane di tutte le chiese della città, e pregare insieme per i propri cari che non ci sono più, per tutti i famigliari vicini e lontani e poi scartare insieme i regali e sedersi a tavola tra crispelle, tarallucci e tipicità locali.
“Non vorrei sembrare banale, ma per me la Squilla è famiglia. – racconta Filippo, 29 anni – E come nella favola di Dickens, nel mio cuore ci sono la Squilla del passato, in cui vive il ricordo della festa passata a casa della nonna insieme ai parenti, vicino alla finestra un po’ aperta per sentire il suono delle campane. Oggi vivo la Squilla soprattutto come figlio, nel momento di raccoglimento con i miei genitori e con il pensiero a chi non c’è più, – prosegue – ma penso anche alla Squilla del futuro, nella quale mi vedo genitore con i miei figli, a casa dei nonni, in una tradizione che non smette mai di ripetersi”.
E proprio come nei versi della poesia di Cesare Fagiani “La Squije di Natale”, il suo suono riecheggia anche tra i lancianesi che vivono fuori. “Vivo e lavoro a Milano da 6 anni e sì, la Squilla mi manca. – ci dice Roberta, 32 anni – Ma ho trovato il modo per sentirmi un po’ più a casa: porto la Squilla a Milano con me, nel mio ufficio. Ogni anno racconto ai miei colleghi di questa nostra tradizione, – ci spiega – da dove arriva, del perché sia così bella e faccio gli auguri anche a loro. Insomma, in un ufficio di Milano da 6 anni si festeggia la Squilla”.
Mentre nel resto del mondo c’è ancora la corsa frenetica all’acquisto dell’ultimo regalo, Lanciano si ferma e si stringe attorno ad una piccola campana che fa sentire il suo tintinnio ben fuori dai confini frentani in un clima di amicizia, solidarietà, spiritualità e calore portando il vero Natale nella case di tutti.
Buona Squilla lancianesi!