Chi frequenta il web sa bene di cosa si parla. Lo sa bene chi frequenta il web soltanto perché è il web ad essere diventato il più veloce e comune luogo di trasmissione di notizie ma di “bufale”, da tempo, è pieno il mondo dell’informazione. Nel linguaggio, traduce balla, bubbola, bugia, fandonia, favola, fola, frottola, invenzione, panzana, storia; insomma, altro non è che una menzogna, una falsità, spesso inverosimile, con cui attrarre l’attenzione per destar interesse, clamore, meraviglia. L’artificio è riferito a personaggi popolari o sconosciuti, a situazioni attese o a sorprese paradossali, a fatti originali o con antefatti già di per sé eclatanti. E’ la ricerca del sensazionale, laddove la sollecitazione all’interesse diffuso appare essere il vero obiettivo, anche al di là del contenuto falso.
Il riscontro avverso ad una bufala è quasi sempre immediato ma la velocità di diffusione, soprattutto nel web, fortifica la notizia col suo rimbalzo, superando, grazie al numero di persone raggiunte, persino la sua effimerità.
La facilità con cui, oggi, è possibile dare un’informazione rende un po’ tutti cronisti, giornalisti e narratori e la nuova frontiera della comunicazione si sposta, prepotentemente, oltre la soglia comune della capacità di analisi di cui tutti noi dovremmo essere padroni. Da una parte il narcisismo e la perversione di chi, diffondendo la bufala, ritiene poter prendere tutti per il naso, dall’altra la credulità e la debolezza di pensiero di chi è incline a bersele tutte.
D’altronde, è il termine stesso: “bufala”, a dirla bene. Con esso, infatti, si evoca l’immagine dei buoi o dei bufali condotti ovunque, con capezza legata ad un anello al naso, oppure si evidenzia analogia tra l’animale ed una persona tarda di mente e poco perspicace. Quando si dice: popolo bue…
Una cosa è certa, la “bufala” è un inganno, il cui fine… innocente (al di là, quindi, di fattispecie che potrebbero configurare anche reato se rappresentative di una volontà che mira a procurare “un ingiusto profitto con altrui danno”) è quello di creare diffusa suggestione.
Il termine è in uso comune da un paio di decenni ma, sintesi propria del linguaggio moderno, trova più antichi riscontri. Durante l’Alto medioevo, ad esempio, in un testo dal titolo “Donazione di Costantino”, si affermò dell’esistenza di un editto dell’Imperatore romano con cui si venivano fatte concessioni di potere temporale a Papa Silvestro I ed ai suoi successori, anche in ordine alla superiorità del potere papale su quello imperiale. Si rivelò una grande “bufala” ma ci fu chi ci credette… anche in assenza del web.
Resta comunque sottile l’artificio con cui si induce, con sempre maggiore costanza, un ampio numero di lettori o ascoltatori a credere che sia vero quel che conviene far passare per certo. Una bugia ripetuta cento volte diventa verità, fino a creare suggestione, ed è così che una fandonia diventa assioma.
La frequenza con cui le “bufale” galoppano nelle praterie del web ha spinto, però, una parlamentare italiana a prendere l’iniziativa. Infatti, la Senatrice Adele Gambaro, quale componente della Delegazione parlamentare italiana al Consiglio d’Europa, in ambito Cultura, ha presentato, a Strasburgo, un rapporto dal titolo “Media online e giornalismo: sfide e responsabilità”. Con esso, si chiedono leggi e meccanismi per combattere la disinformazione e la manipolazione dell’opinione pubblica, sia a livello nazionale che internazionale. L’8 dicembre scorso, il documento è stato approvato all’unanimità dalla Commissione cultura dell’Assemblea parlamentare. La motivazione della Gambaro è stata la seguente: “La questione delle notizie false messe in circolazione, in particolare attraverso internet, diventa ogni giorno più urgente e i fatti dimostrano quanto l’argomento sia importante non solo per chi fa politica ma per tutti i cittadini per le ripercussioni che può avere sulla democrazia”. Onore al merito!
Adele Gambaro è stata eletta al Senato, nel febbraio 2013, con il Movimento 5 Stelle ma, di lì a poco, il 19 giugno, dopo appena quattro mesi, ne è stata espulsa per effetto di una votazione via internet tra gli iscritti. La motivazione ufficiale è stata quella di aver diffamato il Movimento, una logica conseguenza per le critiche mosse alla strategia comunicativa di Beppe Grillo.
La comunicazione politica ci sta abituando anche alla disinformazione, sempre più spesso, ne è proprio l’obiettivo. Si spiega (almeno, si spiegava) che la Politica è educazione, insegnamento. Insegnare significa “lasciare il segno” ed i segni lasciati in questo tempo appaiono essere, sempre più, le orme degli zoccoli di “bufale” portate a capezza da abili bufalai.