Caro Direttore,
con stupore e disappunto leggo su blog locali che sabato 12 c.m., nella Pinacoteca del Palazzo D’Avalos, verrà presentato il libro di Enrico Rossi, Rivoluzione socialista. Dico “stupore” e “disappunto” perché trovo quantomeno stupefacente che, nel pieno della campagna referendaria per la riforma costituzionale, un dirigente di spicco del Partito Democratico, presidente della Regione Toscana, nonché candidato alla segretaria nazionale dello stesso PD, giri l’Italia per promuovere un suo libro che vorrebbe avere l’ambizione di suggerire “idee e proposte per cambiare l’Italia” (così il sottotitolo del libro). Ma come! Si sta conducendo una battaglia elettorale dal cui esito dipenderanno per decenni le sorti del nostro Paese, come in parte pure dell’Europa, e lui, aspirante a dirigere il PD nazionale, anziché impegnarsi in questa battaglia cruciale per l’intera sinistra italiana (e in buona misura anche europea) non trova di meglio che andare pubblicizzando un suo libro!
Lo sanno tutti (se si è intellettualmente onesti): dopo questo referendum nulla resterà più come prima. Se malauguratamente dovessero vincere i No non verrà abbattuto solo il governo Renzi: il vero obiettivo – in barba all’ipocrita affermazione dei bersaniani secondo cui dovrebbe restare al suo posto – della sconcertante accozzaglia di quanti (almeno l’80 %, dicono i sondaggi), da Salvini a Bertinotti, da Grillo a D’Alema, dai neofascisti di Casa Pound ai comunisti di Rizzo (roba fa far accapponare la pelle!), si oppongono alla riforma costituzionale. La sconfitta di Renzi, che è capo del governo ma anche segretario del Partito Democratico, segnerebbe la fine del centro-sinistra nel suo insieme, della socialdemocrazia nelle sue molteplici varianti, non soltanto in Italia, ripeto, ma anche in Europa, aprendo i residui argini di difesa alle malsane e torbide onde del populismo, del qualunquismo e dell’antipolitica. Altro che “idee e proposte per cambiare l’Italia” (la solita sindrome bertinottiana che vorrebbe “rifondare” il mondo facendo poi di fatto il gioco della destra)! In un contesto politico così gravido di rischi per il nostro futuro non c’è posto per l’ignavia e l’indifferenza. Stupisce che Enrico Rossi non se ne renda conto. La fine del governo Renzi non porterebbe a un nuovo governo di centro-sinistra: al contrario spianerebbe solo la strada ai vari Salvini e Grillo, con tutti gli infausti scenari che si possono immaginare. Lo stesso Rossi, e la sua “rossa” Toscana, ne sarebbero miseramente travolti.
Questo discorso vale, nel nostro piccolo, anche per Vasto e per l’Abruzzo. Se viene sconfitto Renzi, sicuramente finirà in rovina anche la sinistra vastese e abruzzese. Perché allora non ci si impegna nella campagna referendaria per il Sì? A Vasto, come in Abruzzo, risultano costituiti due comitati per il Sì. È mai possibile che, specie da parte di quello che si autodefinisce “Sinistra per il Sì”, non ci si preoccupi di promuovere alcuna iniziativa!? Voglio cogliere anche l’occasione, essendo io iscritto al Partito Democratico, per esprimere il mio sconcerto, la mia profonda amarezza, di fronte all’assordante silenzio del “mio” partito nel suo insieme non soltanto sul referendum costituzionale, ma anche sulla situazione politica locale. Ci sono state a Vasto le elezioni amministrative con la vittoria risicata del centro-sinistra, ci sono stati mutamenti nei vertici del partito, commissariamenti vari, ecc., eppure non ci si premura di indire una qualche assembra degli iscritti per farli discutere e partecipare ai processi decisionali. Neanche una email almeno per avvertire di certi provvedimenti. Ma come è possibile? Quale concezione si ha della democrazia interna al partito? Ci vorrebbe, quantomeno, più rispetto per chi ha ancora voglia di impegnarsi con passione e senso civico.
Costantino Felice