Sessanta detenuti e quaranta agenti, per un carcere pesante, faticoso, ma allo stesso familiare. Sono i numeri del carcere di Lanciano quando era ancora in centro, alle Torri Montanare. Dal 1992, complici nuove leggi, nuovi reati e nuovi detenuti, l’ex carcere è stato chiuso con il trasferimento nella casa circondariale a Villa Stanazzo, ma fino ad allora storie, racconti, personaggi ed un velo di mistero hanno accompagnato la vita nella struttura di Santa Giovina.
“Ho vissuto 14 anni lì, a Santa Giovina – racconta a Zonalocale un sovrintendente capo in pensione – ed il ricordo è quello di una grande famiglia, in cui c’erano collaborazione, umanità e rispetto; forse proprio quello che manca oggi”.
Ora lì, nei locali dell’ex carcere, è sorto il Parco delle Arti Musicali in cui, le associazioni musicali cittadine vivono e lavorano e ospitano i tanti ragazzi che ogni anno arrivano in città per suonare con l’Estate Musicale Frentana. Da luogo chiuso, con sbarre, cancelli e divise, è oggi diventato un luogo di cultura, dedicato ai più giovani. Dove oggi c’è la scuola civica di musica, c’era la sezione maschile con le celle dei detenuti. Al piano superiore, dove oggi c’è l’archivio dell’associazione “Amici della Musica”, erano rinchiuse le detenute e dove nei week end è oggi possibile assistere a concerti c’era la caserma degli agenti di custodia, con infermeria e cappella. Il direttore abitava in un appartamento a cui era possibile accedere dalla piazza d’armi, dove oggi si tengono i grandi concerti estivi o il cinema all’aperto. Un cambiamento drastico e forse necessario che però non lascia indifferente lo sguardo di chi quel posto lo ha vissuto con uno spirito diverso.
“Nel chiostro c’erano filari e filari di viti di uva fragola – ricorda il nostro ex agente – e nelle notti più lunghe in cui ero di turno, ad addolcire il mio lavoro c’erano pesche e fichi, di lì accanto”. Vigilando redimere era la scritta che campeggiava fuori dal grande portone in legno sorvegliato h24 dalla portineria e tanti sono stati i personaggi, illustri e meno illustri, passati per l’ex carcere di Lanciano. “Ricordo perfettamente quando c’era Lady Vallanzasca – ci racconta una ex vigilatrice – e riceveva ogni giorno denaro e prodotti costosi per noi, all’epoca, sconosciuti!”. Presenti anche molti esponenti della camorra campana che si dividevano tra Cutoliani e Nuova Famiglia e l’attenzione per non farli incontrare tra loro era sempre altissima.
Diversi gli episodi di evasione, alcuni, seppure per poche ore, riusciti. “Ricordo quella volta in cui quattro detenuti avevano provato ad evadere dal tetto, spostando le tegole a mano. – riferisce l’ex sovrintendente – Si erano prima diretti verso Santa Giovina e, rompendo una vetrata, proprio come nei film, erano letteralmente piovuti dal cielo proprio in chiesa. In tre, più fortunati, erano riusciti a fuggire, mentre il quarto, poverino, con la caduta, aveva riportato la frattura di un femore ed era rimasto lì, a terra, tra le grida”. I tre fuggitivi, di lì a poche ore, erano stati ritrovati tra gli orti di Sant’Egidio e riportati dentro.
Sul muro di cinta, ora abbandonato e quasi cadente, camminavano le sentinelle che avevano il compito di sorvegliare la struttura e vigilare sul perimetro, di notte e di giorno.
“Il quartiere, a differenza di quanto si possa pensare, è sempre stato vicino, disponibile verso di noi, – sottolinea l’ex vigilatrice – allora il carcere era davvero integrato con la città, faceva parte del tessuto cittadino e si sentiva una grande vicinanza tra Lanciano e la struttura carceraria”.
Maria Pia Colalè, storica figura lancianese e fondatrice delle omonime farmacie, era solita fare visita ad agenti e detenuti per portare loro riviste, giornali e nelle domeniche, dolci a volontà per tutti per rendere meno amara la vita dietro le sbarre. Anche il senatore Errico D’Amico faceva spesso visita al carcere di Santa Giovina, si intratteneva con i detenuti e portava loro sigarette. “Ricordo un episodio in particolare ad una festa di Natale. – ci dice l’ex agente – Il senatore portò Marlboro per tutti i carcerati e guardandoli disse loro ‘vi vorrei abbracciare tutti, figli miei’, peccato non ebbe lo stesso riguardo anche per noi agenti!”.
Anche se da dietro le sbarre, a Santa Giovina, la città non era mai lontana, ma si percepiva la concreta sensazione di far parte di una grande comunità pronta a non tirarsi indietro ma a tendere la mano a chi, pur avendo commesso qualche errore, restava membro della grande famiglia di Lanciano.