Le ultime, recenti scosse di terremoto sono tornate a minare le nostre presunte certezze. La Terra ha ripreso a tremare e noi ci siamo resi conto ancora una volta, semmai ci fosse stato bisogno di una ulteriore conferma, di essere misera cosa dinanzi alla potenza della natura. Una natura che ormai calpestiamo e violentiamo sistematicamente, ritenendo di essere noi i padroni assoluti del mondo. Pardon… dell’universo!
Crediamo che tutto ci sia concesso e quindi inquiniamo, distruggiamo, disboschiamo, fagocitiamo, corrompiamo, cementifichiamo, ce ne freghiamo. Poi arriva un terremoto e viene a mancarci la terra sotto i piedi, restiamo spiazzati, scopriamo di essere dei re nudi e allora che facciamo? Imprechiamo contro i politicanti corrotti (di cui l’Italia non difetta mai) che non hanno messo in sicurezza il Paese, piangiamo le vittime, doniamo il nostro sms solidale per sentirci più buoni, riempiamo le nostre bacheche sui social network di commenti e condivisioni, ci incolliamo dinanzi alla tv per vedere quanto ci propongono tg e trasmissioni televisive varie con improponibili giornalisti inviati nei luoghi della tragedia.
E così, tra un ospite in studio che sparla del più e del meno e inviati sul posto con le loro inutili domande ai sopravvissuti (della serie: “Avete paura?”, “Sentirete la mancanza dei vostri familiari?”), ricominciamo la nostra vita di sempre. Discutiamo per qualche giorno del patrimonio edilizio a rischio e delle tendopoli, di cementificazione e trivellazioni selvagge, qualche disadattato del web fa pure circolare in rete bufale varie, ma fondamentalmente tutto ritorna come prima. Torniamo a sentirci i padroni dell’universo, quelli che della natura fanno ciò che vogliono.
Indubbiamente non sempre terremoti e catastrofi ambientali possono essere previsti e impediti, ma l’essere umano (ciascuno di noi, non solo i politici) si deve mettere in testa che la Terra è un essere vivente che, come noi, subisce cambiamenti ciclici e merita rispetto. Tutta la sua fenomenologia ci ricorda la stretta relazione e dipendenza che abbiamo con essa.
Violentare la natura equivale, dunque, a violentare noi stessi. I disastri ambientali ci ricordano, in primis, che dobbiamo cambiare il nostro rapporto con la natura e sentircene parte. Violentare la natura non vuol dire solo cementificarla, ma anche inquinarla con il nostro sacchetto della spazzatura lanciato dove capita, con la cicca di sigaretta gettata in mare o con le risorse energetiche sprecate, perché non si nasce giganti… si comincia da un seme!
Il filosofo Hans Jonas, meditando sugli effetti a lungo termine dell’azione dell’uomo, ritiene che sia indispensabile procedere all’elaborazione di un’etica della responsabilità che tenga conto anche del mondo extraumano e delle generazioni future.
Oggi più che mai occorre saper prevedere gli influssi che le nostre azioni potranno avere sulle sorti future dell’umanità e del pianeta, ad esempio ponendoci la domanda: se continuiamo a consumare energia, a disboscare, a cementificare e ad inquinare la Terra con gli attuali ritmi, che destino riserveremo ai nostri figli e nipoti?
L’imperativo categorico resta, dunque, uno solo: “agisci in modo tale che le conseguenze della tua azione non distruggano la vita futura sulla Terra”.