Alcuni manufatti da demolire, ma non c’è stato abuso edilizio. E’ quanto stabilisce la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila in merito alla vicenda legale del residence Cono a Mare, costruito a Vasto Marina dall’impresa lucana Cosvim.
In attesa delle motivazioni del verdetto di secondo grado, che verranno rese note dai magistrati del capoluogo entro il 15 dicembre, si torna a parlare delle case vacanze edificate nella zona della ex fornace di Vasto Marina: 135 appartamenti edificati dalla Cosvim, impresa con sede a Potenza di cui è presidente Michele Lapadula, su un terreno che l’impresa Fioroni di Perugia utilizzò per realizzare la galleria ferroviaria che si snoda per circa 7 chilometri nel sottosuolo di Vasto. A seguito di un esposto presentato da due firmatari, scattò l’inchiesta, condotta dall’allora procuratore capo, Francesco Prete, e dal pm Enrica Medori, che ipotizzarono violazioni edilizie.
La sentenza di primo grado statuì che non sussistevano gli illeciti contestati. A seguito del ricorso presentato dalla Procura di Vasto, la Corte d’Appello dell’Aquila ha statuito che alcuni manufatti vanno abbattuti, ma gli edifici non devono essere demoliti.
La difesa presenterà ricorso per Cassazione. “L’impianto della sentenza di primo grado – commentano Lapadula e il suo avvocato Pietro Pesacane – è uscito del tutto confermato dalla sentenza di secondo grado. L’ipotesi accusatoria originaria della Procura vastese fu quella della lottizzazione abusiva, su cui si basò la richiesta di sequestro, nonché il successivo decreto cautelare e tutti gli altri provvedimenti che, per l’appunto, ad essa lottizzazione abusiva facevano riferimento. Le stesse imputazioni di violazioni edilizie muovevano dall’assunto che i relativi titoli abilitativi fossero illegittimi, proprio perché conseguenti ad una ipotesi di lottizzazione abusiva, peraltro di tipo formale, in quanto concepita in esplicita violazione delle norme stabilite dallo strumento urbanistico allora vigente. Sul punto, la Corte d’appello dell’Aquila ha pienamente confermato la esclusione dell’ipotesi che di lottizzazione abusiva si trattasse”.
Lapadula evidenzia “l’importanza e lo spessore della pena accessoria della demolizione delle opere abusive” e non dei palazzi: “L’ordine di demolizione delle opere abusive, invece, induce a ritenere che si sia trattato di difformità, al più, di parti dei manufatti, ferma restando la piena legittimità dei titoli abilitativi medesimi”. Di conseguenza, “l’abbattimento, eventualmente, riguarderà solo parti della edificazione, la cui entità, peraltro, sarà rilevabile solo una volta che sarà stata depositata la motivazione della sentenza dei giudici della Corte d’appello dell’Aquila”.