A margine degli incontri e confronti di questi giorni sul tema dei servizi nelle zone interne, vorrei sommessamente ricordare che i punti di vista, per essere plausibili, dovrebbero tener conto di almeno due elementi di equità.
1° – Riconoscimento della disuguaglianza.
Applicare leggi e regole in modo “uguale per tutti” è profondamente ingiusto perchè non si possono trattare allo stesso modo uomini e territori tra loro disuguali. Di conseguenza quando si parla di zone interne non possono essere applicati principi di uguaglianza, non possono essere erogati servizi e provvidenze varie sulla base del numero degli abitanti, non può essere invocato il criterio della economicità del servizio.
2° – Ognuno ha il diritto di vivere dove vuole a parità di condizioni rispetto a chiunque altro cittadino dovunque si trova nel territorio nazionale. A tutti devono essere assicurati gli stessi servizi giacchè sono soggetti agli stessi doveri.
La storia delle zone interne ha conosciuto passaggi di notevole valore socio-economico, ma negli ultimi decenni la scelta politica del “nucleo” industriale ha determinato la progressiva discesa a valle prima degli operai e, progressivamente, delle loro famiglie. Questa scelta ha ubbidito a logiche di opportunità ma era già da allora evidente che, armando economicamente un punto preciso, si sarebbe verificato quel che poi è accaduto: l’abbandono delle Comunità a monte; oltretutto la configurazione valliva, a cominciare dalla valle del Trigno, si prestava bene alla dislocazione del sistema produttivo lungo tutto il suo asse. Ma questa è roba vecchia; un confronto su questo tema non porterebbe a nulla.
Tuttavia il concetto di “nucleo” ne richiama sinistramente un altro più recente: il “polo“. La logica dovrebbe essere questa: siccome non è conveniente economicamente mantenere servizi nei Comuni montani, si individuano punti di convergenza di più Comuni, fuori dei centri abitati e su di essi si costruiscono strutture e si erogano servizi: così potrebbe nascere il polo scolastico, il polo sanitario, il polo sportivo ecc… E la Chiesa? Il Presbiterio di Trivento (ma anche di Chieti, Campobasso, Isernia per rimanere tra noi) potrebbe sorridere oggi all’idea dei pulmini che la domenica portano i residenti superstiti alla chiesa “polare”. Pochi fedeli, pochi sacerdoti, dunque…
Che fare, allora, per evitare la morte dei nostri paesi?
La strada sembra obbligata: creare uno spazio politico-amministrativo diffuso e condiviso in grado di designare ed eleggere propri rappresentanti ai vari livelli istituzionali e nei ruoli decisionali, con il compito della difesa e della rinascita delle zone interne. Ho sentito dire: ma se la vita nei paesi è così costosa e difficile, perchè non ve ne scendete tutti a valle?
La risposta si chiama: legittima difesa della propria scelta di vita.
E questa battaglia per la sopravvivenza bisogna farla.
Domenicangelo Litterio