Ci sono processi inarrestabili che travalicano gli steccati ideologici. Uno di questi è il mescolamento di popoli e culture che vede San Salvo tracciare il solco in regione. Ultimo comune a sud dell’Abruzzo, San Salvo è la località con la percentuale più alta di stranieri residenti in rapporto alla popolazione; immigrati che hanno contribuito al superamento della “quota 20mila” [LEGGI].
A parlare sono i dati Istat sulla popolazione straniera residente (al 1° gennaio 2016). I suoi 1.649 stranieri rappresentano l’8.23% della popolazione (20.016), una percentuale di gran lunga superiore a Vasto, che si ferma al 6,09% (2.504 stranieri su 41.087 abitanti). La città che dà il nome a tutto il territorio è al settimo posto; dopo San Salvo, si posiziona dietro Casalanguida (7,59%), Monteodorisio (6,77%), Fresagrandinaria (6,65%), Schiavi d’Abruzzo (6,39%) e Cupello (6,26%). Non arrivano all’1% della popolazione gli stranieri presenti invece a Torrebruna, Castiglione Messer Marino e Tufillo (nell’analisi di zonalocale.it non vengono presi in esame gli immigrati ospitati temporaneamente nei centri d’accoglienza del territorio).
CHI C’È – La stragrande maggioranza degli stranieri – insediatisi stabilmente a San Salvo – è composta dalla comunità romena: 971 persone [LEGGI]. Ben distanziata c’è quella albanese con 221 residenti, seguita al terzo posto – forse inaspettatamente – dai 155 cinesi presenti in città. Poi completano il quadro i cittadini di Marocco, Senegal, Polonia, Macedonia ecc.: un mosaico complesso e variegato composto da ben 49 nazionalità differenti che – siano di poche unità o di varie decine – concentrano nella cittadina adriatica un po’ tutto il globo (da Cuba, Brasile e Argentina a Kirghizistan, Bangladesh, Sri Lanka, passando per Francia, Portogallo, Spagna ecc.).
CITTA’ MULTIETNICA – San Salvo svetta anche a livello regionale. Prendendo in esame i centri della costa e i capoluoghi si evidenzia come la presenza in termini percentuali di stranieri in rapporto alla popolazione residente è di gran lunga minore. Lanciano, Ortona, Chieti non arrivano al 5%; la stessa Pescara si ferma al 4,95%. La presenza di immigrati è più marcata – ma non ai livelli sansalvesi – a Giulianova (5,83%), Teramo (6,53%) e L’Aquila (6,69%).
RADICI LONTANE – La composizione variegata della società sansalvese ha origini molto lontane. Nella storia recente il riferimento immediato è sicuramente all’insediamento delle grandi fabbriche che portò San Salvo a veloci livelli di crescita con l’arrivo di lavoratori dalle altre regioni italiane.
L’assessore alla Cultura, il professore Giovanni Artese, autore di numerosi saggi storici sul territorio, ne individua le principali motivazioni ancora più a lungo: “Fin dall’antichità San Salvo è stato un centro produttivo, oggi lo continua a essere con un’importante area industriale e una forte presenza del settore dei servizi che svolgono una funzione attrattiva. San Salvo è sempre stata al centro di flussi migratori, la situazione attuale evidenzia che le fabbriche stanno resistendo. Inoltre, la posizione è quella della porta sud orientale d’Abruzzo. Non dimentichiamo che in età romana San Salvo aveva un importante porto alla foce del Trigno; più avanti fu al centro dei traffici commerciali con Venezia”.
Un processo, quello in atto, che per Artese è veloce e in continua evoluzione con tutti i pro e i contro: “Da una parte è una ricchezza, ma le difficoltà di integrazione ci sono. Le politiche da attuare sono sempre insufficienti rispetto a una realtà che muta velocemente. Bisogna prendere dalla loro cultura arricchendo la nostra. Nel caso specifico, abbiamo sempre collaborato proficuamente con la comunità romena con la quale abbiamo realizzato diverse iniziative, mentre il dialogo è un po’ forse più difficile con quella cinese, molto chiusa. Un dialogo, però, andrà instaurato, considerato che si appresta a diventare anche sul territorio una presenza economicamente importante“.
Infine, Artese esprime un concetto molto chiaro su quella che è l’identità: “Si potrebbe pensare che c’è una crisi d’identità, ma c’è dove l’identità resta ferma. L’identità è dinamica, è una vecchia pianta dalle salde radici sul cui tronco si innestano nuovi tralci“.