Non negare il fenomeno e intervenire tempestivamente. Sono le parole del procuratore nazionale antimafia Franco Roberti a margine dell’operazione Isola felice che ha coinvolto 6 regioni con 25 arresti e 149 indagati: l’operazione della Direzione Distrettuale Antimafia dell’Aquila ha portato alla luce un’associazione di stampo ‘ndranghetista con la base operativa a San Salvo, Termoli e Campomarino [LEGGI].
Fatto nuovo per il Vastese che per la prima volta scopre anche i riti di affiliazione per i piccoli delinquenti locali davanti a santini e immagini sacre, ma dalla connotazione pagana.
Segnale, questo, che è troppo tardi? Non per Roberti: “I radicamenti delle ‘Ndrine da territori diversi da quelli di origine possono essere contrastati a condizione che si intervenga tempestivamente e che non si neghi il fenomeno. È importante il modello investigativo perché in altre parti, nel Centro e Nord Italia, le cosche si sono inserite per ritardi e addirittura per negazionismo della loro presenza. Qui all’Aquila, e anche alla procura di Campobasso, che ha dato via all’indagine, c’è stata un’azione tempestiva fino a oggi, che consente di ritenere che sia stata definitivamente sradicata questa cosca di dimensioni transnazionali, perciò manifesto tutto il mio apprezzamento”.
Altro punto centrale è quello della spartizione del territorio avvenuta finora in modo non violento. Il clan dei Ferrazzo ha infatti approfittato dell’uscita dalla scena dei Cozzolino (clan camorristico sgominato dalle operazioni Tramonto e, soprattutto, Adriatico) per insediarsi. Un segnale, questo, del rischio che corre il territorio anche dopo la conclusione di un’operazione: “si è approfittato della sconfitta del clan camorristico Cozzolino, sradicato dall’operazione Adriatico, pure condotta dalla procura dell’Aquila e dai carabinieri, a quel punto i Ferrazzo sono subentrati. Questo ci dice che dopo un intervento importante non bisogna dimenticare il territorio, ma continuare a monitorarlo perché c’è il rischio che subentrino altri“.
Infine, è lecita un’altra riflessione a margine di quanto accaduto. Anche in questo caso, l’infiltrazione del clan è avvenuta fuori dal proprio territorio di origine (la Calabria, e più precisamente Mesoraca in provincia di Crotone) grazie alla presenza di vertici criminali che hanno riparato in Abruzzo e Molise come collaboratori di giustizia inviati in località protette. Evidentemente il pentimento non è stato così radicale.
Tutti spunti, questi, che un territorio di confine come il Vastese non potrà accantonare.