Il clan di stampo camorristico Cozzolino sgominato nel 2014 dall’operazione Adriatico [LEGGI] ha lasciato uno spazio vuoto subito occupato dal clan Ferrazzo. È l’inquietante dettaglio che emerge dalla ricostruzione del procuratore nazionale antimafia Franco Roberti dell’operazione Isola felice. L’isola felice è quella probabilmente dell’Abruzzo e del Molise, dove i Ferrazzo volevano “rifarsi una vita” e dove erano arrivati grazie alle misure di protezione per i collaboratori di giustizia.
Il quadro che esce fuori dall’imponente dispiegamento di forze di stamattina (che ha portato a numerosi arresti per traffico di armi e stupefacenti, estorsione e racket, LEGGI) vede il Vastese nel bel mezzo delle mire espansionistiche dei gruppi mafiosi provenienti da altre regioni: due i casi in Abruzzo finora di contestazione del reato di associazione mafiosa e, in entrambi, la base operativa dei capoclan è stata individuata tra Vasto, San Salvo e Gissi (quest’ultima località solo nell’inchiesta relativa all’operazione Adriatico).
UN PRIMO SEGNALE NEL 2011 – Le indagini sono partite nel 2010, dopo l’arresto dei carabinieri di Pescara di uno degli attuali indagati in possesso di un chilo di cocaina purissima. Da quel momento la lente d’ingrandimento degli inquirenti ha cercato di risalire l’intera filiera: il “fiume” di stupefacente arrivava dal Sudamerica pronto per essere commercializzato in Abruzzo.
Qualche mese dopo, così, l’indagine fa la prima tappa a San Salvo. È il maggio 2011 quando, grazie a intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche (oltre che a nuovi sequestri di droga), i carabinieri risalgono a un’abitazione in città dove era stata messa su una raffineria di droga. Nella stessa occasione venne rinvenuto un autentico arsenale. È il primo ingente sequestro di armi: “5 pistole, giubbotti antiproiettili e jammer per il disturbo delle frequenze cellulari impiegate dagli investigatori per le attività d’intercettazione”.
Qualche tempo dopo tocca a Termoli: “sequestrate numerose armi da guerra, tra cui kalasnikov, fucili a pompa, pistole e munizionamento. Ulteriori importanti sequestri di armi sono avvenuti in Piemonte ed in Calabria e sono stati accertati traffici consistenti tra la Svizzera, le regioni settentrionali, la dorsale adriatica fino alla Calabria (anche utilizzando, per il trasporto, autobus di linea solitamente utilizzati dagli emigranti) nonché dai Balcani seguendo rotta marittima attraverso porti pugliesi”.
LE RAMIFICAZIONI – Grazie agli arresti di singoli corrieri o depositari di droga e denaro, le forze dell’ordine hanno avuto la conferma della presenza della base operativa del clan nel Vastese e sul litorale molisano con ramificazioni a Pescara, L’Aquila, Campania (Torre Annunziata), Lombardia (Mariano Comense, Varese ecc.), Piemonte (la provincia di Alessandria): tutte erano, secondo la Dda dell’Aquila, sotto il diretto controllo di Felice ed Eugenio Ferrazzo (padre e figlio, vertici dell’omonimo clan calabrese originario di Mesoraca, Crotone) che oggi sono finiti in manette.
Roberti ha inoltre specificato come il clan abbia avuto a disposizione per i propri affari diverse ditte operanti nel campo dell’edilizia, le più a rischio-infiltrazione anche per la redditizia attività svolta.
NON SOLO CALABRESI – In attesa degli sviluppi, i consistenti elementi acquisiti dalla Procura e dal Gip confermerebbero “l’esistenza di un’associazione criminale, di natura ‘ndranghetista, con base tra San Salvo, Campomarino e Termoli, operante sotto l’egida della famiglia Ferrazzo”. Del clan e delle sue ramificazioni, però, non fanno parte solo i calabresi, ma anche elementi siciliani come “diversi esponenti della famiglia Marchese di Messina legati ai Ferrazzo da interessi economici e criminali”.
Non solo, l’operazione ha evidenziato come il clan abbia agito con modalità da “franchising”: gli esponenti della piccola criminalità locale abruzzese e molisana hanno “fatto il salto di qualità affiliandosi alla criminalità organizzata”. Anche qui, nel Vastese (dove forse fino a qualche tempo fa era un’ipotesi irrealistica) le affiliazioni avvenivano tramite giuramento davanti a santini e immagini sacre durante rituali di chiara matrice pagana.
AL POSTO DI COZZOLINO – Per un clan che saluta ne arriva un altro pronto a prenderne il posto. Pare essere questa la sintesi delle dinamiche che hanno portato all’insediamento del clan Ferrazzo nel Vastese. La conferma per gli inquirenti è arrivata dall’analisi degli avvenimenti e dalle testimonianze dei pentiti. “L’ascesa del clan Ferrazzo in Abruzzo e Molise è stata in qualche modo resa possibile dalla caduta del clan Cozzolino, precedentemente egemone nello stesso territorio, decimato dalle indagini dell’operazione Adriatico che questa Procura Distrettuale ha sviluppato sempre con i Carabinieri”.
Un territorio, quello vastese, che si aggiudica un primato poco invidiabile col quale bisognerà fare i conti. Un lato positivo in tutta la vicenda però c’è: il passaggio di consegne tra i due gruppi mafiosi è avvenuto in modo soft, senza lotte tra clan. Almeno sotto questo punto di vista, il Vastese è ancora un’isola felice.