Un anno e 6 mesi, pena sospesa. E’ la condanna che il Tribunale collegiale di Vasto ha inflitto a P.R., il 57enne dipendente delle Poste accusato di aver sottratto 15mila euro dall’ufficio di via Giulio Cesare nell’ottobre 2012.
Al termine della requisitoria, il pubblico ministero, Enrica Medori, aveva chiesto una condanna a 4 anni per l’accusa di peculato.
Nella sua arringa, invece, l’avvocato difensore dell’imputato, Giovanni Cerella, aveva sostenuto la tesi della “derubricazione del reato ad appropriazione indebita perché Poste Italiane non sono più un ente pubblico, ma una società privata, quindi non si applica il reato di peculato”.
A distanza di circa 4 anni dal fatto accaduto all’interno dell’ufficio Poste business della filiale di via Giulio Cesare, il collegio giudicante, composto da Italo Radoccia (presidente), Fabrizio Pasquale e Stefania Izzi (giudici a latere), ha condannato l’imputato a un anno e 6 mesi di reclusione, pena sospesa.
“Appena verrà depositata la sentenza – annuncia Cerella a Zonalocale.it – ricorreremo in Corte d’appello. Puntiamo alla prescrizione, che scatta al decorrere di 7 anni e mezzo dal fatto. Attualmente, il mio assistito lavora all’ufficio postale di Chieti Scalo. Ogni mese gli viene trattenuta dallo stipendio una piccola somma per la graduale restituzione dei 15mila euro”.
Codici: “Sospendere il dipendente” – La “sospensione del dipendente condannato”. A chiedere il provvedimento è Riccardo Alinovi, delegato nazionale dell’associazione Codici-centro per i diritti del cittadino. Secondo Alinovi, “Poste italiane non può continuare a mantenere tra i suoi dipendenti una persona condannata per appropriazione indebita di 15mila euro ai danni delle stesse Poste italiane. Altrimenti, siamo di fronte a un’anomalia. E’ necessario un provvedimento di sospensione”.