Secondo l’ipotesi più accreditata il volto della Monna Lisa corrisponde a quello di Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, un ricco mercante fiorentino che probabilmente commissionò il ritratto della moglie al maestro Leonardo da Vinci; al nome di questo personaggio illustre deriverebbe il sostantivo Gioconda . A sostegno di questa tesi sarebbe intervenuto anche lo storico e architetto aretino Giorgio Vasari: “Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie, e quattro anni penatovi lo lasciò imperfetto, la quale opera oggi è appresso il re Francesco di Francia “
Uno dei primi interrogativi è proprio la mancata consegna del quadro commissionato e conservato dal maestro per quattro anni. Come mai il committente, Francesco del Giocondo, non ha mai preteso che Leonardo gli consegnasse il dipinto? Si dice che l’artista stesso abbia deciso di tenere con sé il ritratto della Monna Lisa e che non si sia mai deciso a terminarlo e continuasse ad apporvi piccoli e continui ritocchi.
Dagli Studi Vinciani di Carlo Pedretti arriva, però, una notizia sconvolgente che ci riguarda indubbiamente da vicino. A rendere ancora più incerta la testimonianza del Vasari vi è l’accenno di un altro scrittore, Giovanni Paolo Lomazzo, che fu in stretti rapporti con l’allievo di Leonardo, Francesco Melzi. Il Lomazzo nel suo “Trattato dell’arte e della pittura”, datato 1584, accennò ad una duplice natura del quadro considerando la Monna Lisa e la Gioconda due persone diverse; ma ancor più importante è ciò che affermò nell’Idea del tempo e della pittura: “l’opere finite di Leonardo da Vinci, come la Leda ignuda e il ritratto di Monna Lisa napoletana…”. Su questo accenno ad una presunta natività napoletana della Monna Lisa ha preso consistenza l’ipotesi di una attribuzione del ritratto all’effige di Costanza d’Avalos, duchessa di Francavilla, la valorosa castigliana che difese Ischia dall’assalto dei francesi.
Questa identificazione fu avanzata e sostenuta dallo storico d’arte Adolfo Venturi sulla base del Canzoniere del poeta parmense Enea Irpino, conservato manoscritto nella Biblioteca Palatina di Parma e redatto intorno al 1520: il poeta canta le lodi del ritratto che Leonardo eseguì ad una dama dimorante a Ischia, identificata proprio con Costanza d’Avalos. Si racconta che il parmense Enea fosse invaghito della duchessa, e che le avesse dedicato dei versi in stile petrarchesco. In due sonetti fa riferimento a Leonardo da Vinci che avrebbe ritratto la donna segretamente amata. Tutto questo ha fatto supporre che Costanza potesse essere la Gioconda che all’epoca del dipinto aveva 40 anni circa, e indossava lo scuro costume vedovile.
Costanza d’Avalos nata nel 1460 a Napoli, era figlia di Innico d’Avalos, marchese del Vasto. Venne data in sposa nel 1477 a Federico del Balzo, principe di Taranto, e per l’occasione Jacopo Sannazaro le dedicò la “Farsa per le nozze di Costanza d’Avalos”. Dopo essere rimasta vedova senza figli, Federico I di Napoli le concesse il ducato di Francavilla. Decise successivamente di seguire il fratello Innico II d’Avalos a Ischia. Nel 1503 lottò contro i francesi ottenendo l’anno dopo il governo dell’isola, lì dove stabilì la sua corte. Nel 1528 Carlo V concesse a Costanza tutta l’area che corrisponde all’attuale comune di Pescara.
Costanza d’Avalos fu rispettata come donna di grande cultura, per il coraggio e la determinazione che mantenevano fede a una famiglia di splendido mecenatismo, fedele alla tradizione cavalleresca. Fu conosciuta, stimata e apprezzata dai contemporanei: conosceva la letteratura italiana e latina, era ritenuta autrice di un testo filosofico-morale e anche di un poema sulla tragica morte dell’altro fratello Alfonso. Alla duchessa furono dedicate cronache, lodi e poemi fra cui una canzone d’amore che fornisce preziose notizie sulla sua corte, sulle dame e sui letterati che le gravitavano attorno, tra questi Enea Irpino.
L’ipotesi secondo cui il volto della Gioconda corrisponda a quello della duchessa d’Avalos, sostenuta da alcuni, ma ovviamente smentita da molti altri, riveste di mistero la figura di questa enigmatica donna, famosa per la sua cultura e fermezza, fedeltà e coraggio; un illustre membro della famiglia d’Avalos la cui storia per tre secoli si unì con quella della nostra città. Il mistero, attualmente irrisolto, affascina tutti noi vastesi che disponiamo di un invidiabile patrimonio di arte, storia, cultura, a cui si aggiunge inevitabilmente anche questa particolare e discussa curiosità.
Francesca Liberatore