Dopo l’anticipazione con il singolo Cerco trasparenza (qui il servizio), nei giorni scorsi è uscito il secondo album ufficiale di Alessio Creatura dal titolo Che ci amino gli altri. Il cantautore vastese torna con un album tutto da scoprire, con gustose sperimentazioni che introducono elementi di novità nella consolidata base pop-rock di Alessio Creatura, nato e cresciuto a Vasto, ma da diversi anni in Romagna per motivi di studio e poi lavorativi.
Alessio Creatura al secondo album ufficiale con brani come Non sono più lo stesso e Come si cresce, com’è cambiato Alessio e com’è cambiato il suo modo di fare musica dal primo album?
Diciamo pure miracolosamente al secondo disco. Immagino tu possa percepire quanto sia difficile al giorno d’oggi produrre e ancor più autoprodurre un disco. All’interno brani come quelli da te citati, entrambi spie di un cambiamento cominciato già prima di iniziare questo nuovo lavoro, circa 4 anni fa. In Non sono più lo stesso, parlo di quanto possa cambiarci la fine di una storia d’amore, seppur breve, di quanto possa renderci cinici di fronte alle emozioni e di conseguenza ai sentimenti. È però una canzone che può varcare i confini di un significato prettamente amoroso per sposarne uno più generale, quello di quanto possano arrivare a cambiare in meglio o in peggio, le esperienze della vita… e cosa e quanto siamo disposti a fare per reagire a questi urti. Come si cresce invece è una riflessione più intima ed insieme anche una provocazione. Siamo sicuri che scegliere di rimanere coerenti a sé stessi magari bambini, non sia la cosa migliore che vestire i panni di adulti meschini, increduli, scaltri e corrotti, così onnipotenti da credere che questa vita terrena non abbia mai fine? Dovrebbe invece spronarci l’idea che siamo parte di un puzzle e che forse dovremmo rendere questa vita significativa e speciale contribuendo all’amore universale. Questo album mi ha cambiato molto, mi ha portato per forza di cose a collaborare con uno staff artistico numeroso, con personalità a tratti complesse, ad indagare più a fondo l’animo umano a comprenderne meglio i difetti, i pregi, i drammi e le storie che ci accomunano. È un album che mi ha insegnato a perdonare e ad andare avanti, a scrivere cose nuove, o perlomeno a pensare di scrivere in modo nuovo, per gente nuova… già, che ha voglia di rinnovarsi, che ha voglia di catarsi.
Tutto l’album è attraversato da una sorta di vena di follia che lo rende particolarmente originale, dove nasce l’idea di un approccio così innovativo rispetto ai consolidati canoni del pop?
Nasce un po’ per formazione… da quello che ho ascoltato e che ho sentito subito a me affine. Cantautori del calibro di Rino Gaetano, per citarne uno, hanno seminato in me il germe della follia. Avevo voglia che in questo nuovo disco venisse fuori questo aspetto. Nell’album precedente Non ho più pace avevo scelto di focalizzare l’attenzione su un momento della mia vita un po’ più dark, un momento in cui forse, mi prendevo troppo sul serio ed avevo un po’ messo da parte quel pizzico di follia, leggerezza che da sempre mi ha contraddistinto.
Nella maggior parte dei brani appare preponderante la parte musicale, ci sono molti cori e la tua voce spesso è camuffata da effetti particolari. Dove si è nascosto e perché, Alessio Creatura?
Questa volta ho voluto arricchire il disco di nuove sonorità, più aperte, più rock. Ho seguito personalmente gli arrangiamenti, volevo che avessero un ruolo più definito che valorizzassero al massimo i brani. Sai bene quanto un arrangiamento sbagliato possa cambiare le sorti di una bella canzone, oppure portarla al successo. Anche la voce è uno strumento per cui mi sono divertito a giocare con essa, anche attraverso l’utilizzo di cori. L’orecchio durante l’ascolto ha bisogno sempre di nuovi stimoli, affinché la curiosità venga mantenuta alta per tutta la durata della canzone. Sono scelte artistiche che non devono prendere il posto però di una buona stesura, di un buon testo e di una buona esecuzione, ma che sono comunque importanti. Sono tutt’altro che nascosto, anzi direi che ho messo in gioco tutto me stesso, proponendo nuove soluzioni musicali ed un insolito Alessio Creatura.
Diversi i brani dedicati all’universo femminile, ma certo siamo lontani dalle classiche canzoni d’amore: Dici di non pretendere, Lolita, che tipo di donna e di rapporti emergono dalle tue canzoni?
Credo di non aver mai scritto una canzone d’amore come noi tutti la intendiamo, forse non mi ha mai neanche interessato farlo. Ho posto invece la mia attenzione su altri aspetti legati comunque a storie d’amore o a coinvolgimenti di tipo sentimentale. In Dici di non pretendere si pone l’accento su colui o colei che ama più dell’altro all’interno della coppia..il “darsi” senza riserve ci porta inevitabilmente ad essere più vulnerabili e comporta aspettative, spesso disattese nei fatti. Lolita, parla da sé.. “i tempi sono cambiati”, le nuove generazioni sono sempre più audaci, prorompenti, scandalose ed immorali. Così sempre più ragazzine consce del loro divenire donna, ma che ancora non lo sono, si spingono verso amori o passioni proibite e talvolta insane”.
Anche Ti porto rancore sembra scritta per una donna, ma è proprio così?
Ti svelo un segreto: Ti porto rancore non l’ho scritta per una donna, bensì è un’invettiva contro il mio ex produttore. Spesso tali personaggi vendono illusioni, falsi progetti a ragazzi pieni di entusiasmo e sogni, ancora troppo fragili e sensibili, a vantaggio di propri guadagni personali. È una canzone però, che anch’essa può tranquillamente assumere un significato più trasversale, volendo anche sentimentale. Si parla in ogni modo di rapporti e della costruzione comune attraverso la fiducia reciproca e la comunione di intenti. Chi nella vita non è stato profondamente deluso da qualcuno e vorrebbe poter dire “Ti porto rancore che è da pubblicare!”?
Infine la Ballata di (cir)Costanza. Brano incredibile. Che diavolo ti è saltato in mente?
Mi viene da sorridere, hai ragione, cosa mi è passato per la testa! È una canzone che ho scritto pensando ai miei studi universitari di filologia romanza e quindi anche della poesia provenzale. In un pomeriggio mi sono ritrovato con un testo a dir poco folle ed originale. Ho pensato bene di comporre una musica tipica del tempo e così, ecco a voi la Ballata di (cir)Costanza. Un impetuoso approccio di un cavaliere del XII sec. D.C. verso la propria dama, promessa al suo ricco Signore. La musica è cultura, non dimentichiamolo, magari dall’ascolto di questo brano, qualcuno per la prima volta sentirà parlare di poesia provenzale e di provenzalismi e così incuriosito deciderà di approfondire l’argomento.