Si sarebbe dovuto parlare degli altri scaglioni di incentivo all’esodo, invece a Roma si è fatto un passo indietro che ha indispettito non poco le istituzioni presenti (ministero e Regione) e i sindacati. Ieri quest’ultimi (Massimiliano Recinella della Cisl, Giuseppe Rucci della Cgil e Claudio Musacchio della Uil) hanno illustrato alle lavoratrici l’esito dell’incontro di lunedì al ministero dello Sviluppo economico: un bluff o quasi.
Due settimane fa, prima della precedente assemblea, i rappresentanti sindacali hanno ricevuto l’offerta telefonica della società che a Gissi ha prodotto pantaloni per oltre 20 anni: 10mila euro di incentivo per chi avesse lasciato volontariamente l’azienda entro il 27 maggio; per gli altri l’incentivo sarebbe sceso a 6mila e così via [LEGGI].
In 39 (su 96) hanno deciso di percorrere questa strada, ma chi nei giorni scorsi è andato a firmare i documenti si è imbattuto in una postilla diventata il principale oggetto di discussione a Roma. “Alla precisa domanda su quando ci sarà la transazione economica – ha raccontato Rucci – la risposta è stata «Quando firmerete la procedura di cessazione dell’attività», inconcepibile”.
In sostanza, nei giorni scorsi l’azienda ha comunicato ai lavoratori che si sono recati in sede per firmare che i 10mila euro erano legati alla firma del sindacato sull’accordo per la cessazione. “Un vero e proprio ricatto – ha commentato Rucci – La nostra firma farebbe risparmiare alla società 6-7 mensilità, ma noi come abbiamo sempre ripetuto non firmeremo nessun accordo fino al 75° giorno previsto dalla legge. Fino a quel momento cercheremo una soluzione alternativa. Le aziende che mettono a disposizione un incentivo per l’esodo lo fanno con risorse proprie, non quelle derivanti dalla cessazione dell’attività”.
Un elemento di novità, questo, anche per il funzionario del ministero, Giampiero Castano, che – stando a quanto raccontato da Recinella – “ha usato la parola «allucinante» per descrivere gli sviluppi del’incontro. L’azienda non solo non ha un progetto, ma mette in discussione anche l’incentivo. Ha sempre detto di avere un budget per l’incentivo non legato alla firma. Inoltre, è difficile credere che un marchio così grande in Italia non riesca a trovare soluzioni interne per i restanti 57 lavoratori che hanno deciso di restare. Lolli si è anche detto pronto a mettere a disposizione i fondi Fse”.
Musacchio ha ribadito il concetto: “Io personalmente non ho licenziato mai nessuno, per questo non firmerò nulla. A Roma c’è servita tutta la calma di sindacati, Regione (presente con il vicepresindete Giovanni Lolli) e ministero”.
Cosa accadrà ora? L‘8 giugno i vertici Canali sono stati invitati a presentarsi in Regione a Pescara. Dovranno dire in quella sede se confermano o meno l’incentivo di 10mila euro. Se confermato, dovrà inoltre indicare le proprie risorse messe a disposizione a questo scopo.
Per le lavoratrici aumentano le incognite per il futuro. La domanda ricorrente è “Ci sarà qualcosa per chi non abbandona ora l’azienda o dobbiamo accettare i 10mila?”. “Qualsiasi risposta – ha spiegato Recinella – potrebbe essere errata. Non siamo in grado di dare consigli. Anche se la strada sembra segnata, noi fino al 75° giorno lavoreremo per una soluzione alternativa alla cessazione dell’attività”.
L’ulteriore speranza, cessazione o no, è che dopo oltre 20 anni di presenza sul territorio, il Pantalonificio non abbia una fine ingloriosa.