Intensa mattinata presso l’auditorium del Liceo artistico di via dei Conti Ricci, dove una folta rappresentanza di studenti, docenti e autorità religiose, militari e civili ha incontrato il fondatore del Gruppo Abele e dell’associazione Libera, don Luigi Ciotti.
Indirizzi di saluto sono giunti dalla dirigente scolastica Maria Luisa Di Mucci, dalla presidente dell’Università delle Tre Età, Margherita Giove, il sindaco di Vasto Luciano Lapenna e dalla responsabile culturale dell’UniTre, Stefania Siviero, che ha presentato l’ospite, accolto da un fortissimo applauso, ripercorrendo i passaggi principali della sua vita al servizio della collettività, contro le mafie e le dipendenze, dalla fondazione del Gruppo Abele, all’idea di Libera, con tutte le battaglie compiute nell’arco di una vita. Prima, però, un piccolo intermezzo musicale, particolarmente gradito da don Ciotti, che ha voluto al tavolo con lui i due giovani musicisti.
“Non vorrei deludervi – ha esordito il sacerdote – ma oggi qui con voi non c’è don Luigi Ciotti. Con grande rispetto e altrettanta forza voglio dirvi: diffidate dei navigatori solitari. Con tutte le mie forze io rappresento un ‘noi’ non un ‘io’. Non voglio essere un personaggio, nella consapevolezza dei miei limiti e del mio impegno vi dico che solo unendo le forze delle persone oneste si possono costruire percorsi di cambiamento“.
Don Ciotti ha poi ricordato l’inizio del suo percorso, con un incontro particolare avvenuto a Torino, con un senzatetto a cui cercava di donare aiuto: “Non rispondeva mai quando gli chiedevo se avesse bisogno di qualcosa, ma com’era testardo lui, ero testardo io. Non mollate, quando il fine è buono. Solo 12 giorni dopo mi ha risposto e ho scoperto che si trattava di un medico bravo e stimato che la sua personale tempesta della vita aveva portato su quella panchina. Ebbene, indicandomi dei ragazzi che giravano nei pressi di un bar vicino, quando ancora in Italia non si parlava di droga, mi disse: ‘Vedi quei giovani? Prendono farmaci, li mischiano a superalcolici, si drogano. Non pensare a me, pensa a loro“. Questo l’incontro chiave che ha messo don Ciotti sulla via degli emarginati, nel contrasto alle dipendenze (di qualunque genere) e alle attività mafiose. E proprio sul contrasto alla mafia don Ciotti ha ricordato l’idea di Libera, un’insieme di associazioni comprendente ormai anche le capitali europee e l’America Latina, “perché la criminalità allarga sempre più i suoi poteri e noi dobbiamo mettere in rete tutte le nostre energie per contrastarla”.
Quindi una precisazione: “In tanti cercano di etichettarci, di tirarci per la giacchetta, ma Libera è un’associazione apartitica, che sente certamente la dimensione politica, che però è un’altra cosa”. Poi l’invito ad “essere di parte”, dalla parte della giustizia, della dignità umana, della verità: “L’omertà uccide la verità e le speranze, ma non parliamo solo di criminalità organizzata. Anche nelle vostre classi, negli atti di bullismo, non siate omertosi. Un giorno – ha raccontato don Ciotti con evidente commozione – sono stato contattato da una ragazzina di 16 anni che mi ha chiesto di parlare nella sua classe, poi i dirigenti scolastici e vescovo del posto hanno deciso di allargare l’incontro a tutta la scuola, ma quando sono andato lì, lei non c’era: mi si è avvicinata la madre, dicendomi che si era suicidata 5 giorni prima. Poi mi hanno detto che era stata sopraffatta da quella macchina del fango che spesso si attiva sui social network”.
“Io – ha poi concluso don Ciotti – non sono un prete di strada, o un prete antimafia, sono semplicemente un prete. E tutti siamo chiamati a fare la nostra parte, sempre. Non siate cittadini a intermittenza, non serve commuoversi davanti alle stragi. Serve muoversi“.